domenica 27 marzo 2011

non uno di meno

Ogni volta che un ragazzo muore in un incidente stradale con lo scooter a Librino e dintorni, temo di ritornare in classe e trovare un alunno in meno. Esuberanza, sfida delle regole, illegalità ma anche cattivo esempio familiare sono troppo spesso la causa principale di questi continui incidenti, anche mortali, che ogni giorno riempiono strade, ospedali e cimiteri. Una piccola guerra senza eserciti, senza divise e senza soprattutto elmetti.
Non servono parole, ci vorrebbero fatti concreti. Le istituzioni sono assenti, eccetto ritengo la scuola che dedica ore e ore all'educazione alla legalità, all'educazione civica, convivenza civile, persino preparazione ed esami del patentino per i ciclomotori (per non parlare di educazione sessuale, all'affettività, ecc. ma il discorso si allargherebbe troppo, perché dove lo stato non vuole arrivare scarica tutto sulla scuola, sempre a costo zero). Ma prevenire con qualche ora in classe non ha molto senso quando tutto intorno a loro è l'opposto di ciò che insegnano i loro prof. Pensate a quanti guidano super scooter senza patente o ancor peggio senza avere l'età, con l'ottusa complicità dei genitori che ritengono giusto che loro figlio possa sfrecciare già a 14 anni con moto progettate per maggiorenni. E i posti di blocco? Non ne vedo mai a San Cristoforo, né a Monte Po, pochi a Librino o a Zia Lisa. Solo in centro città, come dire: "La legge inizia da piazza Europa in poi, in periferia fate come meglio volete".
Quando muore un ragazzo così le responsabilità sono di tanti ma non di tutti. Tanti che non vogliono far nulla perché cambi la cultura di una città.
Domani farò l'appello con maggiore apprensione, sperando che tutti siano presenti.