domenica 12 febbraio 2012

mediocrisia

C'è una crisi nel nostro Paese più persistente di quella economica, una crisi trasversale che ha compresso il pensiero e le speranze. La crisi della cultura, delle opinioni e della possibilità di un reale cambiamento della società. Ci sono voluti decenni, credo che tutto sia partito in sordina dalla fine degli anni '70, ma la scuola di massa e i tagli esponenziali operati, l'università dei quiz e con gli esami a numero di pagine ingerite, la scomparsa della classe intellettuale vera e la televisione divenuto unico oggetto informativo delle famiglie ha spento ad ogni livello la capacità del dissenso, di avere idee libere e non veicolate. Come diceva Gaber parlando del conformista "pensa solo per sentito dire", un'acuta affermazione che dilaga sempre in maniera crescente. Si straparla su tutto e tutti, nella mediocrità non certamente aurea, diventano esperti di ogni settore, dall'economia alla finanza, dalla criminologia al diritto, passando con la stessa superficialità come se si dovesse parlare della formazione di calcio per la prossima partita. Le chicchiere da bar innalzate a opinioni, le quattro pagine lette a tuttologia. Un'ignoranza strisciante ormai ben celata che fa del nostro paese (anche se purtroppo credo che non riguardi solo l'Italia) una terra di incultura stratificata che mostra gravi ripercussioni e derive che vanno verso l'antipolitica qualunquistica e il razzismo sociale. Questo è l'humus ideale del fascismo magari non quello del ventennio ma in queste forme di controllo dei popoli da parte di tecnocrati, banche con la complicità della politica ormai sradicata dalla società ma forte del consenso non ideologico ma opportunistico. Basta fare due passi in uno dei centri commerciali delle nostre città, magari il sabato pomeriggio, per comprendere appieno come queste trasformazioni sembrano ormai aver sconquassato la società in maniera irreversibile. Si mangia come in una mensa aziendale, i libri vicino al reparto frutta e ore passate a guardare inebetiti tavolette digitali o a sfiorare cellulari. Nemmeno Pasolini avrebbe immaginato una simile apocalisse antropologica. Eppure questa è la nuova classe sociale, la mediocrisia, immensa, incastrata tra i poveri delle periferie metropolitane e gli arciricchi sempre in plancia di comando.

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