sabato 14 novembre 2009

sartoria giudiziaria

Una lettera pubblicata da Roberto Saviano su repubblica.it, una risposta di buon senso per la difesa del diritto e della democrazia sempre più spesso a rischio solo per salvare un monarca da giusti processi.

Presidente ritiri questa legge
SIGNOR Presidente del Consiglio, io non rappresento altro che me stesso, la mia parola, il mio mestiere di scrittore. Sono un cittadino. Le chiedo: ritiri la legge sul "processo breve" e lo faccia in nome della salvaguardia del diritto. Il rischio è che il diritto in Italia possa distruggersi, diventando uno strumento solo per i potenti, a partire da lei.
Con il "processo breve" saranno prescritti di fatto reati gravissimi e in particolare quelli dei colletti bianchi. Il sogno di una giustizia veloce è condiviso da tutti. Ma l'unico modo per accorciare i tempi è mettere i giudici, i consulenti, i tribunali nelle condizioni di velocizzare tutto. Non fermare i processi e cancellare così anche la speranza di chi da anni attende giustizia.
Ritiri la legge sul processo breve. Non è una questione di destra o sinistra. Non è una questione politica. Non è una questione ideologica. E' una questione di diritto. Non permetta che questa legge definisca una volta per sempre privilegio il diritto in Italia, non permetta che i processi diventino una macchina vuota dove si afferma il potere mentre chi non ha altro che il diritto per difendersi non avrà più speranze di giustizia.
ROBERTO SAVIANO
link per firmare l'appello
http://temi.repubblica.it/repubblica-appello/?action=vediappello&idappello=391117

domenica 8 novembre 2009

sporcarsi le mani

Una lettera, un invito accorato di militanza e impegno per una terra. Scegliere tra la pulizia delle parole e il sudiciume della lotta politica. Questa lettera di Claudio Fava a Roberto Saviano è anche un invito a tutti i  cittadini che non si devono rassegnare a questa pessima Italia, senza una vera politica e in mano alle mafie, al malaffare e al potere per il potere. Un manifesto per il ritorno a una Politica da non lasciare più in mano a questa classe dirigente che fa rima con casalesi e corleonesi.

Caro Saviano,

due giorni fa a Napoli ho chiesto pubblicamente la tua disponibilità a candidarti per la presidenza della Regione Campania. Non è stato uno sgarbo né una forzatura ma una necessità civile. Perché a Napoli, fra qualche mese, ci giochiamo non solo il destino della tua regione ma un’idea di nazione. Chiamata stavolta a decidere di sé stessa: se pensa cioè di potersi riscattare dal giogo delle mafie e dei sospetti, dai furti di verità e di memoria, dall’impunità che s’è fatta sistema. O, altrimenti, se questo paese si è ormai arreso alla forza degli eventi, al corso inevitabile delle peggiori cose.
Il candidato che la destra quasi certamente presenterà si chiama Nicola Cosentino, sottosegretario del governo Berlusconi, uomo forte del PDL in Campania e «uomo a disposizione dei Casalesi», secondo le dichiarazioni di quattro collaboratori di giustizia, acquisite dalla Procura di Napoli. Falso, dice Cosentino. Vero, dicono i suoi accusatori. Possibile, dicono i giudici che l’hanno iscritto nel registro degli indagati. Chiunque al posto suo avrebbe fatto un passo indietro fino a che non fosse spazzata via l’ombra di un sospetto così lacerante. Chiunque: non Cosentino. Che continua a fare il sottosegretario e oggi si candida a governare la sua regione. Io c’ho i voti, fa sapere: e noi gli crediamo. Peccato che i voti da soli non bastino per restituire limpidezza alle storie degli uomini.
Che si fa, dunque, se Cosentino e il suo partito sceglieranno di sfidare il senso della decenza? Gli si contrappone un notabile di segno politico contrario? Si va in cerca d’un candidato comunque, purché abbia il cartellino penale pulito? Si derubrica questa elezione come un fatto locale, una cosa di periferia? E pazienza se poi colui che rischia di vincere andrà a governare in nome dei voti suoi e di quei sospetti... Io dico di no. E per questo, caro Saviano, se Cosentino dovesse candidarsi, ti chiedo di fare la tua parte accettando di candidarti anche tu.
Conosco già la tua obiezione che è stata anche la mia per molti anni: che c’entro io con la politica? Quando ammazzarono mio padre, pensai la stessa cosa: la mia vita è qui, mi dissi, continuare il mestiere suo e mio, scrivere, dire, capire. Perché la scrittura, una scrittura disposta a mettere in fila nomi e fatti, è un impegno civile capace da solo di riempire una vita. Vero. Poi però arrivano momenti della vita in cui capisci che ti tocca far altro. E fare altro, fare di più, a volte vuol dire la fatica della politica, affondare le mani e la vita in questa palude per provare a portarci dentro un po’ d’alito tuo, un po’ della tua storia, un po’ della tua sregolatezza, un po’ dei tuoi sogni. Non inventiamo nulla, caro Saviano.
Ci fu una generazione di ragazzi, nel ’43, costretti dalla notte all’alba a improvvisarsi piccoli maestri delle loro vite. Lasciarono le case, le donne, gli studi e per un tempo non breve si presero sulle spalle il mestiere della guerra. Se siamo usciti dalla notte di quella barbarie, lo dobbiamo anche a loro.
Anche questo è un tempo in cui occorre trovare il coraggio e la spudoratezza di fare altro. Di inventarsi altre vite. E di misurarsi con mestieri malati, com’è quello della politica. So che adesso qualcuno s’imbizzarrirà: che c’entra la resistenza con la lotta alle mafie? Che c’entrano i nazisti? Che c’entra Casal di Principe? Io invece credo che tu capisca. In gioco è il diritto di chiamarci ancora nazione. Quel diritto oggi passa da Napoli, dalle cose che diremo, dalle scelte che faremo. O dai silenzi in cui precipiteremo.

sabato 7 novembre 2009

potere d'acquisto

Due anni addietro, sorgeva un bellissimo aranceto fra il quartire Pigno e la Bicocca, un giorno di luglio, nel giro di qualche giorno, tutti gli alberi furono abbattuti. Dopo una serie di incendi, sicuramente dovuti all'autocombustione, dato che nonostante gli svariati interventi dei Vigili del fuoco, che non hanno pensato di segnalare alle autorità competenti.... le ruspe iniziarono a spianare il terreno. Due anni sono passati ed oramai il nuovo centro commerciale Auchan sta per aprire i battenti dominando il quartiere Pigno da un lato, ma non permettendo l'accesso ai pedoni, dato che non è previsto nessun accesso pedonale, anche se in linea d'aria di trova a 50 metri dalle abitazioni, e dall' altro lato l'areoporto e lo svincolo della Bicocca.
Mi pare doveroso ringraziare chi ha deciso di far sorgere tale centro commerciale, in quaranta anni la curva della morte che concludeva l'autostrada Catania Palermo, dove la Polizia Stradale potrà documentare il numero di incidenti verificati, finalmente è chiusa.
Ma non finisce qui, mica ci possiamo dimenticare della rotatoria di accesso alla bicocca, anche qui qualche morto ci è scappato, ed una lapide, adesso rimossa, ce ne ricordava qualcuno.
Anche in questo caso, grazie al Centro Commerciale, lo svincolo è attualmente chiuso, per permettere di lavorare e permettere un accesso facilitato ai futuri clienti.
In definitiva, quello che le istituzioni, ANAS e Provincia, la prima per l'autostrada , la secondo per l'asse dei servizi, non sono riuscite a fare in qualche decennio, il centro commerciale è riuscito a farlo in due anni.
Quindi abbiate pazienza ancora qualche mese, a breve ci sarà una nuova uscita della CT-PA che prima di immettervi nella città attraverso Via Gelso Bianco, vi permetterà di planare dritti dritti nel centro commerciale, ed il nuovo svincolo della Bicocca permetterà ai miei concittadini di arrivare comodamente, guarda caso nel centro commerciale, in 10 minuti dal centro città.
Ovviamente lo spirito di queste iniziative è tutto rivolto verso gli utenti, mica per assencondare le voglie del nuovo centro commerciale, è una pura coincidenza che tali opere siano coincise con il sorgere del centro commerciale.
Quindi alle prossime elezioni votate Auchan, Carrefour, IperCoop...
Privatizziamo le istituzioni e grazie al potere d'acquisto le opere pubbliche sarannno finalmente private ed avranno nuova linfa. Salvo Sottile

lunedì 2 novembre 2009

una vita d'amore

Una poesia in musica per chi come lei ha vissuto di note e versi, sublimando la propria esistenza dilaniata dall'incapacità di essere compresa per quel vivere la vita sempre ai margini della normalità. Vorrei ricordarla così, con la voce di Roberto Vecchioni, ricordarla in una terra che considera i poeti persone strane e poco commerciali, quindi clinicamente morte.