mercoledì 15 dicembre 2010

martedì 7 dicembre 2010

per la precisione

Pubblichiamo uno splendido articolo di Adriano Sofri su Repubblica di oggi, un soffio di vento nel caos di pregiudizi e ignoranza che sembra ormai essere l'unico abito del nostro Paese.

Ogni persona, di origine italiana o straniera, dev'essere sempre giudicata singolarmente, per quello che è. È la più ovvia delle frasi.
L'ha pronunciata ieri il cardinale arcivescovo di Milano. Ci sono momenti in cui non ripetere le parole più ovvie diventa una viltà. Sia risparmiato alla nostra generazione il ritorno di quei momenti, se già non ci siamo.
Scrivo mentre le notizie sull'indagine per la scomparsa della piccola Yara si fanno incerte, e vengono in dubbio i sospetti sul giovane arrestato. E si riaccende una speranza per lei, che è la cosa più importante. Se i sospetti su un presunto colpevole sono stati precipitosamente trattati come certezze, anche della sorte peggiore di Yara si potrà dubitare.
Ci sarà tempo per riflettere. Ma qualcosa è già successo e se ne può misurare la tristezza. È successo ancora una volta che a un evento terribile - la paura di un evento terribile, e la convinzione che si fosse consumato - siamo stati tentati di reagire, prima che nelle manifestazioni esteriori nei nostri stessi sentimenti intimi, trasferendo il dolore per la vittima, la compassione con i suoi e la ripugnanza per i suoi carnefici, nell'ansia per le conseguenze civili e perfino politiche dell'imputazione di uno straniero. Un simile trasferimento è anche un modo di attutire e sfogare la commozione, ma è soprattutto la misura di un guasto che ci va rosicchiando dentro. Dentro quelli fra noi che corrono a gridare minacce di furia cieca o calcolata, e anche dentro chi ne è spaventato e si affanna ad arginarne i danni. Così ci si trova subito a ripetere pensieri di desolata ovvietà, che ad Avetrana e in mille altri inferni la brutalità è indigena e domestica, che l'infamia umana non ha colore.
Ci sono state però dall'inizio, in questa storia angosciosa, cose diverse e degne di ammirazione e di considerazione. Prima di tutto l'atteggiamento di una famiglia, che ha rigettato ogni sfogo vendicativo, e tanto più quelli esibiti per conto terzi; e si è limpidamente sottratta allo spettacolo della propria sofferenza. Dunque questo può avvenire, e i media possono prenderne atto. È successo anche che il sindaco (leghista, ma è appena un dettaglio) di una comunità colpita abbia dato un chiaro sostegno a questo atteggiamento della famiglia, e abbia messo al bando i propositi razzisti, xenofobi e linciatori. Chi ha avuto una gran fretta di pronunciare parole orrende di odio violenza e - non ultima - imbecillità, non ha potuto farlo in nome delle vittime o di una comunità. Solo in conto della propria violenza, odio e, non ultima, imbecillità.
Adesso aspettiamo. Restituendo ai sentimenti e ai pensieri dell'attesa il loro ordine naturale. Cominciando dalla trepidazione per una creatura cui il mondo dovrebbe essere solo promettente, e dalla simpatia per i suoi. E poi pensando al prezzo che paga un paese indotto a chiedersi di colpo, di fronte a un sequestro, uno stupro, un assassinio, una sciagura stradale, se il sequestratore, il violentatore, l'assassino, il guidatore sciagurato, sia italiano o no, e a compiacersi che lo sia o pregare che non lo sia. È una questione morale, psicologica, civile, ed è per eccellenza una questione politica. Una questione banalmente culturale, anche. Perché a distanza di un paio di generazioni dall'avvento della questione migratoria forse bisognerebbe contare di più sulla capacità di tradurre affidabilmente dall'arabo la preghiera: "Allah mi protegga" o "Allah mi perdoni".

lunedì 29 novembre 2010

complicità

La denuncia di Ivan Lo Bello, presidente della Confindustria siciliana, sulla forza della mafia a Catania, sul carattere imprenditoriale e sulle infiltrazioni tra il lecito e l'illecito, ci spinge a una riflessione ulteriore. Una riflessione banale: ma com'è possibile che ciò che è visibile a tutti non è visibile alla magistratura inquirente? Com'è possibile che ciò che si denuncia da anni dall'informazione libera e dalla politica non collusa non possa essere visibile al resto della città? Le risposte è inutile cercarle, sono quelle sì chiare ed evidenti a tutti. Catania è una città che vive sull'illegalità e tanta parte dei suoi abitanti vivono e lavorano direttamente e indirettamente con la mafia. A danno della parte onesta e perbene. A danno del futuro. Se futuro avrà mai una città che ha perduto una giusta rotta. Gli affari hanno da sempre bisogno di silenzio.

mercoledì 3 novembre 2010

osmosi

Da quando abbiamo iniziato a costruire questo blog, sin dai primi post, abbiamo sempre messo in luce il lato oscuro di Catania, quel cono d'ombra che rende invisibile e occulta la mafia dentro la politica e l'imprenditoria creando un unico blocco di potere e di controllo del territorio. I recenti arresti in città e su tutto il terriotorio nazionale, a seguito delle indagini pluriennali del Ros, hanno portato alla luce ciò che noi, ovviamente non solo noi, abbiamo sempre denunciato. La città e la sua anima nera convivono e si strizzano l'occhio da sempre, mescolando e confondendo alta borghesia, professionisti e politici coi mafiosi e viceversa, costruendo e disfacendo progetti e sviluppo in una terra disperata e con pochissime prospettive di rinascita. Abbiamo sempre scritto che i tempi della giustizia sono più lenti dei tempi della politica e l'unico modo che si ha per voltare pagina davvero sarebbero le elezioni, dalle amministrative alle politiche. Sarebbe appunto questa la strada maestra, sarebbe il percorso del riscatto e della riappropriazione della dignità civile ferita. E invece, tutto ritornerà nel silenzio. Processo dopo processo, elezione dopo elezione, l'affarismo continuerà a trionfare. E poi tutti in fila la domenica dentro il prossimo nuovo mega centro commerciale. A spingere un carrello, sempre più vuoto.

martedì 2 novembre 2010

mi vergogno

In questi giorni si continua ad assistere a indecorose affermazioni su vicende che in nessun paese civile vedrebbero coinvolto il primo ministro senza conseguenze politiche, istituzionali e giudiziarie. Ma l'Italia sembra riuscire a smaltire di tutto, come le discariche del parco vesuviano. Pubblichiamo la civile video-lettera di Vendola, in risposta a tanto insopportabile squallore...una reazione che tenta di restituire dignità a quei tanti italiani che sono nauseati da un presidente del consiglio che da pessimo attore da avanspettacolo inizia a trasformarsi in epigono dei peggiori monarchi assoluti, senza neanche un Mazzarino a consigliare.

lunedì 18 ottobre 2010

manifesto

Riceviamo e pubblichiamo con convinta adesione l'invito alla manifestazione del 19 prossimo.
Un invito che estendiamo a tutti i nostri elettori per difendere diritti e dignità.


Martedì 19 Ottobre Concentramento ore 09:00 Piazza Roma
Conclusione a Piazzale Asia - Ciminiere
Martedì 19 Ottobre Berlusconi e molti dei rappresentanti del suo governo arriveranno in città per partecipare all’assemblea dell’unionevdelle province italiane. Il governo Berlusconi arriverà in una città travolta dagli scandali e dalle inchieste giudiziarie, in perenne crisi economica per decenni di saccheggio delle risorse pubbliche e mo...rtificata dal malgoverno di una classe dirigente incapace e senza scrupoli. Catania è la città dei debiti, delle piazze devastate, dei quartieri popolari abbandonati, del degrado e del malaffare, della disoccupazione, della precarietà,dei licenziamenti di massa e dello sfruttamento.
Il governo Berlusconi incontrerà gli amministratori locali e i dirigenti di un centrodestra primo responsabile della devastazione sociale e culturale del nostro territorio, ed assoluto protagonista della scena politica catanese grazie ad una capillare rete clientelare per il controllo del consenso elettorale ed al manifesto sostegno dei poteri criminali.
Catania invece si prepara ad accogliere il governo del massacro sociale, della guerra, dell’antimeridionalismo della Lega e della distruzione del sistema formativo pubblico.
Due anni di governo Berlusconi sono stati sufficienti a distruggere ogni residua garanzia per i diritti dei lavoratori. L’attacco al contratto collettivo nazionale, la precarietà come unica regola del mercato del lavoro, il sostegno alle scelte criminali di Confindustria, i licenziamenti, la mancata erogazione degli ammortizzatori sociali in deroga ai braccianti agricoli, le delocalizzazioni sono il marchio di fabbrica del governo sul tema del lavoro.
A Catania arriva inoltre un governo ideologicamente ispirato dalla Lega che ha sferrato l’ennesimo attacco mortale al meridione imponendo il Federalismo.
Il federalismo aumenterà infatti ancor di più il divario tra il Nord ed un Sud che non potrà certamente mantenere solo con le proprie risorse scuola, sanità e servizi pubblici.
Berlusconi è anche il presidente del governo delle deportazioni dei migranti, dei nuovi Lager e della guerra permanente in Afganistan.
In Afghanistan si continua a morire ed il ministro La Russa “invoca le bombe” per massacrare nuovi civili innocenti e togliere ancora risorse a formazione, stato sociale e lavoro. La Sicilia rappresenta, con l’arrivo di nuovi micidiali armamenti a Sigonella, un avamposto della guerra permanente degli Usa e dei suoi alleati.
Il Governo Berlusconi si è reso inoltre responsabile dello smantellamento dell’istruzione pubblica italiana tagliando più di 10 miliardi di euro a scuola e università. Tagli che hanno prodotto l’annullamento totale del diritto allo studio e il più grande licenziamento di massa della storia del nostro Paese, con 150 mila docenti e personale ATA che hanno perso il posto di lavoro.
Scendiamo tutte e tutti in piazza a Catania martedì 19 Ottobre per una grande manifestazione popolare!
Concentramento ore 09:00 Piazza Roma
Conclusione a Piazzale Asia - Ciminiere
(Adesioni provvisorie)
Arci Catania - Open Mind - Rifondazione Comunista - Sinistra ecologia e Libertà - Movimento studentesco catanese - Cpo Experia - Iqbal Masih - Comunisti Italiani - Giovani comunisti- Gas Tapallara - Cobas - GAPA - Arci Casa Pertiini Trecastagni- Città Felice - Rete dei comunisti - La soffitta di Catania

domenica 10 ottobre 2010

won for life

Selezione del personale per apertura punto Ikea a Catania, 45.000 domande per 200 posti. Questi sono i numeri di una sconfitta certificata. La sconfitta di una politica nazionale e territoriale incapace di dare senso e forma alle promesse, alle “balle” che da sempre vengono vendute per verità incontrovertibile ai cittadini che ha voluto credere a tutto per puro masochismo politico e per mero interesse delle classi dirigenti e per ignoranza di popolo. Sono i dati di un omicidio, quello del sogno di un’intera generazione incapace di costruirsi un futuro di dignità. E altro non è che la vera foto di una città, senza prospettive che per un posto da circa mille euro partecipa come ad una lotteria, convinti di perdere, convinti che il loro biglietto non verrà mai estratto. Eppure basterebbe poco, solo riconquistare la dignità. Lottare per quei 44800 che siamo noi, un giorno sì e l’altro forse.

domenica 26 settembre 2010

passi avanti

Ci siamo presi un po' di tempo, abbiamo prolungato le ferie del blog perché abbiamo riflettuto a lungo sulla strada da intraprendere in questa confusione politica e sociale. Continueremo sul percorso tracciato dai quasi cento post che hanno riempito queste pagine e procurato migliaia di contatti. Guardaremo in faccia Lombardo e il suo quarto tentativo di governo con la consapevolezza che questa non sarà la politica che servirà a voltare pagina per la nostra terra. Aspetteremo che cada il governo Berlusconi sperando di non invecchiare troppo in questa attesa. E guarderemo i nostri occhi e lanceremo lo sguardo oltre i titoli dei giornali, i servizi dei tg e le parole vuote della politica e anche dell'antipolitica...un passo dopo l'altro...senza mai un passo indietro. Così si costruisce il futuro, davvero.

martedì 24 agosto 2010

focolai

Noiosamente in coda all'ufficio postale, lo sguardo si posa con distrazione sul cartello "Istruzioni di sicurezza per la clientela".
Nella sequenza di comuni norme antincendio, spicca la frase:
- Non gettare mozziconi di sigaretta accesi nei cestini (è vietato fumare).
Pagheremo pure le bollette in euro, ma l'Europa è ancora tanto tanto lontana.

mercoledì 4 agosto 2010

ferie d'agosto

In questi giorni di estrema confusione politica nazionale e, quella endemica, regionale, con lenti movimenti da una parte e dell'altra, senza idee e senza soluzioni per i problemi dei cittadini, anche la redazione di questo blog ha deciso di prendersi una vacanza di parole. Un silenzio che sia ascolto. Resta aperto per i vostri interventi, commenti, critiche e suggerimenti. Magari ci ritorna la voce, prima di settembre.

giovedì 22 luglio 2010

il comunismo? E' possibile

L'articolo che segue è scritto da A. Camilleri, pubblicato lo scorso 17 luglio nell'edizione on-line dell'Unità. E' una riflessione acuta e per nulla banale sul comunismo come idea e sui fastidiosi luoghi comuni che hanno reso questa idea sempre più inattuale e inattuabile, soprattutto nei paesi occidentali. Eppure questi sono giorni in cui ci si sente più soli senza comunismo.

Leonardo Sciascia sosteneva che il cattolicesimo e il comunismo fossero due parrocchie uguali, era un po’ cattivo coi comunisti. Intanto, il comunismo diceva e agiva cercando di far stare meglio gli uomini sulla terra e non nell’aldilà. Quindi le due parrocchie non erano mica tanto parrocchie. Io sono stato, e continuo a essere, un comunista. Certo il prezzo pagato è stato un prezzo alto, in vite umane, in molte cose.Certo che molte cose del comunismo, nella sua attuazione pratica, sono state sbagliate e si sono trasformate in errori tragici proprio nel conteggio di vite umane. Ma continuo a ritenere che l’aspirazione all’uguaglianza, al diritto uguale per tutti sia il dettame più cristiano che io abbia mai sentito, cristiano non cattolico. Purtroppo è un’applicazione terrena e quindi destinata a errori enormi, a sparire non saprei. Perché molti di quei princìpi sociali che erano alla base del comunismo sono entrati quasi senza avvertimento in certe visioni dello Stato sociale, della cura delle persone… Tante cose che nel primo Novecento non erano neppure ipotizzabili si sono insinuate, perché necessarie nel cammino sociale degli uomini. Non era un’utopia.
È stata consumata e voltata in utopia proprio perché si è mal realizzata. Quando noi ci troviamo di fronte alla rivoluzione comunista in Cina, e dalla fame assoluta riesce a dare una scodella di riso a tutti, che cos’è questo se non un passo avanti nel vivere insieme di tutti gli uomini? Il comunismo è una perdita di libertà, perché si manifesta come dittatura. E questo è inevitabile. È possibile ipotizzare un comunismo senza dittatura? Pare che non sia possibile. Io credo che lo sia. Quando, in un futuro non troppo lontano, avverranno spaventose crisi economiche, perché ora siamo solo agli inizi di piccole crisi che colpiscono la finanza. In un futuro non così lontano, comincerà a mancare l’acqua. Stiamo vivendo in questi giorni un sommovimento mostruoso delle stagioni, blocchi immani si staccano, diventano iceberg perché la calotta polare non tiene più. Ci troveremo, credo, in un futuro non tanto lontano a combattere per un bicchiere d’acqua e allora forse ritroveremo una solidarietà che il benessere e il capitalismo c’hanno fatto dimenticare. Abbiamo rimosso non solo i princìpi del comunismo, ma anche quelli del cristianesimo e persino del vivere sociale.

lunedì 19 luglio 2010

paese di eroi

In questi 18 anni senza Borsellino si è tentato di mescolare realtà e controrealtà, depistare le idee e imporre falsità. Un'intervista per non dimenticare le parole, quelle parole.

martedì 13 luglio 2010

venerdì 9 luglio 2010

imbavagliati

Oggi anche questo blog aderisce alla protesta contro il disegno di legge proposto dal Ministro Angelino Alfano che riduce le possibilità di pubblicazione delle intercettazioni e limita la libertà di informare. Non aggiungiamo altro visto che abbiamo già affrontato questo argomento in altri post. Adesso solo silenzio.

giovedì 1 luglio 2010

la malacittà

Dai post di questo blog abbiamo sempre denunciato lo stato di degrado di Catania, degrado morale, sociale, politico ed economico. Una città ormai fogna che è ritornata in mano alle cosche, di palazzo e di strada. Quando le pallottole sibilano in municipio o in qualche consiglio d'aministrazione tutti possono girarsi dall'altra parte. Ma quando le pallottole volano in pieno giorno, in centro, davanti all'università è difficile voltarsi e ignorare. Niente di nuovo per chi conosce le viscere di questa città. Insopportabile invece lo stupore pretestuoso di chi finge di vedere adesso ciò che è chiaro a tutti da tempo e dichiara, solo a vantaggio di microfoni e telecamere, che bisogna dare una risposta. La risposta purtroppo la conosciamo. Adesso porgiamo solo una domanda: quando ci riprenderemo la nostra città e avremo il coraggio e la voglia di prendere a calci in culo politici, imprenditori e ominicchi che hanno svenduto Catania alla mafia? Il tempo scorre, non vorrei che trovassimo scritto "game over".

giovedì 10 giugno 2010

ricette geniali

Pubblichiamo un acuto articolo di Curzio Maltese (Il Venerdì - Repubblica, 4 giugno 2010) su scuola, democrazia e futuro.

Ogni tanto il governo fa anche cose buone ed è giusto riconoscerlo. La Finanziaria, per esempio, ha identificato e punito la categoria che maggiormente danneggia il Paese, la più pericolosa per la democrazia. I lettori a questo punto penseranno agli evasori fiscali. Ma in quale Paese vivete? Gli evasori sono brave persone, laboriose, creano reddito, soprattutto per se stessi, votano a destra. Per questo il governo li premia con un altro condono.
D'altra parte, è a favore dell'evasione che si fanno le manovre finanziarie. Da quando Berlusconi è tornato a Palazzo Chigi, l'evasione è passata, secondo i dati del Sole 24 Ore, da cento a centoventi miliardi l'anno. Venti miliardi in più. Che bisogna recuperare da altri. Anzitutto dagli insegnanti. Questi mascalzoni che riempiono la testa dei nostri figli di cognizioni inutili, culturame, latinorum e algoritmi. Quando potrebbero portare in classe un bello schermo ultrapiatto e sintonizzarlo per tutto il tempo della lezione sul Grande fratello. Comunisti con il pallino dell'istruzione, che rovina il popolo. A loro tocca giustamente il salasso peggiore della manovra: due miliardi di euro. Fra le nazioni del G20 soltanto una ha capito che per uscire dalla crisi il passo decisivo è tagliare l'istruzione. Questa nazione siamo noi, è l'Italia. Lo diciamo con un brivido di orgoglio.
L'Italia ha un grande premier che ha fatto una montagna di soldi senza bisogno di conoscere il latino, Leopardi e l'inglese, ma occupandosi in prevalenza di tv, donne e pallone. Senza contare l'altro genio della ministra Gelmini. Una che per tagliare ha un vero talento. Adesso vuole anche eliminare un paio di settimane a settembre e cominciare le scuole il primo ottobre, perché cosi, dice, si aiuta il turismo. Qualche azzeccagarbugli di sinistra potrebbe obiettare che nella nazione più turistica del Pianeta, la Francia (una volta era l'Italia, ora quinta), le scuole cominciano a fine agosto. Altri potrebbero addirittura obiettare che ci vorrebbe in Italia un vero ministro dell'Istruzione. E perché mai? L'Italia ha già l'indice di scolarità fra i più bassi d'Europa. Basta ancora un piccolo sforzo per tornare alla felice condizione di analfabetismo di massa degli anni Cinquanta, gli anni che prepararono il boom economico.
L'unico ostacolo a questa straordinaria riforma è costituito da un milione centomila insegnanti della scuola pubblica che si ostinano a fare il proprio mestiere. Ma con questi stipendi, quanto possono andare avanti ancora?

sabato 5 giugno 2010

da casello a casello

I fatti contano sempre più delle parole, persino in politica. I nostri deputati nazionali ma anche regionali si sono piegati alla logica della Lega e di una politica economica e sociale che ruota intorno al Nord. Si è iniziato con lo scippo degli investimenti nelle infrastrutture (se si eccettua la barzelletta del ponte sullo stretto), poi col dirottamento forzoso dei fondi Fas per finanziare la cassa integrazione (che quasi interamente viene erogata agli operai delle medie e grandi imprese, praticamente inesistenti al Sud) e tante altri fatti che hanno impoverito fortemente le risorse per il Sud e per la Sicilia in particolare. Con l'ultima manovra finanziaria correttiva, oltre alla macelleria sociale senza precedenti, troviamo un altro regalino per noi siciliani: introduzione dei pedaggi delle tratte autostradali Palermo-Catania, Palermo-Trapani e Alcamo-Trapani. E presto i pedaggi saranno estesi presumibilmente a tutte le restanti tratte che ancora non sono a pedaggio. E i politici in silenzio a guardare anche questo. Prendere i voti del sud per fare la politica del nord è una prassi consolidata dai tempi di Crispi. Una delle poche autentiche continuità storiche.

giovedì 27 maggio 2010

disistruzioni

Pubblico con estremo piacere questa lettera, della prof.ssa Mila Spicola, piena di parole che raccontano l'Italia che si sta costruendo...senza futuro, senza dignità, senza valori...

Ministro Tremonti,
lei mi obbliga a violare la legge. Mi piacerebbe incontrarla per dirglielo guardandola negli occhi. Lei sta obbligando la maggioranza dei docenti italiani a violare la legge. E’ esattamente quello che accade in moltissime scuole italiane. Cosa significa infatti ammassare più alunni di quanti un ‘ aula può contenerne, se non violare la legge? Sono ben tre le norme violate: la normativa antincendio, quella per la sicurezza negli edifici scolastici e quella igienico sanitaria. Molti sanno che lei ha tolto ben 8 miliardi all’istruzione pubblica. “C’erano tanti sprechi e siamo in tempi di crisi, bisogna razionalizzare”, saggia e incontrovertibile affermazione. Così ha giustificato la cosa. Di contro, però, le spese militari ricevono 25 miliardi di euro e leggo in questi giorni di un bonus di 19 mila euro a classe per le scuole private. E allora no: mettiamoci d’accordo. C’è la crisi o no? Io mi sono arrovellata nel tentativo di capire dove fossero quegli sprechi, quando nell’agosto 2008 ho saputo degli 8 miliardi da togliere alla scuola pubblica. Ma lei ha fugato i miei dubbi: lo spreco era studiare l’italiano, e quindi via due ore. Lo spreco era studiare la tecnologia moderna e quindi via un’ora. Questo alle medie. Escano prima i ragazzi: così hanno tempo per riflettere. Lo ha detto il ministro Gelmini. Lo spreco era recuperare i bambini con difficoltà (cosa frequentissima nei contesti dove vivo e ho scelto di insegnare io, e cioè nelle periferie), e quindi via le compresenze in talune ore di due maestri nelle elementari: a questo servivano, caro ministro. Quelle due ore d’italiano e le compresenze servivano anche a coprire le assenze dei colleghi senza ricorrere a supplenze esterne. Inoltre : aumentiamo i ragazzi per classe: fino a 30, 33..ma sì. Realizziamo un bel parcheggio per ragazzi, non una scuola certamente. Del resto sono altre le fonti vere della formazione: la vita, la strada, la televisione, il computer. Per chi vuole studiare veramente ci sono le scuole private. Studiare cosa e come poi è tutto da vedere. C’è un piccolo particolare: tutto ciò è anticostituzionale. La Costituzione riconosce alla scuola pubblica italiana il compito di formare e istruire gli italiani. Le private? Una scelta possibile, non obbligata. Non era un paradiso la scuola pubblica, prima di Tremonti, ma i problemi erano altri, non certo questi. Torniamo alle sue motivazioni: la gestione dei singoli istituti, troppi soldi, troppi. E quindi tagli anche a quella. “Facessero una colletta i genitori, e che sarà mai qualche centinaio di euro”. Alla voce vedi sopra. “Qualche centinaio di euro è nulla”, ma non c’era la crisi? Nella mia regione, in Sicilia, quel centinaio di euro serve per andare avanti. E dunque i tagli: nella scuola dove insegno io, una normale scuola media della periferia palermitana, ma potremmo generalizzare a tutte le scuole medie d’Italia, siamo quasi alla paralisi. Avete compiuto il miracolo: unire di colpo nord e sud nella omologazione verso il peggio. Dico quasi, perché poi, incredibilmente, docenti e dirigenti sono diventati bravi a fare i salti mortali e le capriole all’indietro. E forse questo lei lo sapeva: qual è l’unica classe di lavoratori in Italia che, nonostante tutto, continua a lavorare? La nostra. Nel senso che lei aveva ragione e che quindi, nonostante i tagli , riusciamo ad andare avanti? No: nel senso che per noi quelli che non devono subire le ricadute gravissime della sua scelta scellerata, ripeto, scellerata, non devono essere i ragazzi. Però sa cosa c’è? Che abbiamo anche sopportato e stiamo sopportando molto, ma l’illegalità di stato dentro una scuola no. Io non la sopporto e la denuncio. Tagliare completamente i fondi di gestione delle scuole ha comportato l’impossibilità di chiamare supplenti per coprire le assenze, adesso che non ci sono più quelle due ore che servivano a coprirle. E dunque le classi si dividono in altre classi. Giornalmente. I ragazzini si prendono la loro sedia e vagano nei corridoi in cerca di spazio. Perdendo ore di lezione. E allora: posso sopportare di lavorare meno, posso sopportare di farlo in una scuola ammuffita, con l’acqua che filtra, senza vetri (lei mi dirà : si rivolga all’amministrazione comunale), posso sopportare di non avere carta igienica per i ragazzi, sapone nei bagni, riscaldamenti a singhiozzo. In una mia classe di prima media ho 23 bambini, 4 di loro con gravissimi disagi sociali e disturbi comportamentali (sono figli di carcerati) , due con problemi di apprendimento e uno disabile grave. Io insegno arte: nelle mie ore non ho insegnante di sostegno, perché sono state tagliate le ore del sostegno, come tanti sanno. E allora mi dica lei quel ‘è il diritto all’istruzione negata del mio alunno disabile? Qual è il diritto all’attenzione precipua negata ai 4 bimbi con problemi sociali? E ai due che non riescono a leggere senza distrarsi? E ‘ una scuola di periferia, se non li aiuto io chi li aiuta? E il resto dei compagni? Non hanno diritto alla “normalità”? E poi viene la ministra Gelmini a parlar male dei docenti del sud, di come i nostri alunni sono in fondo alle classifiche delle prove di merito: ma in queste condizioni cosa vi aspettate? E’ già un mircolo se abbiamo le sedie nella mia scuola. L’inverno lo abbiamo trascorso con mussa e infissi rotti. “Si rivolga al Comun” dirà lei. Il suo sindaco di centrodestra ha tagliato anche lui tutti i finanziamenti alle scuole: sia per il funzionamento ordinario, sia per le manutenzioni. Non ci resta che Santa Rosalia. E in effetti ..manco la chiesa ci appoggia, noi sciagurati delle periferie, intenta com’è a salvaguardare le scuole private. Lei lo chiama razionamento e si riempe la bocca di frasi assurde sul come l’Italia stia reggendo la crisi. Mi scusi: ma che cavolo sta dicendo? Lo deve dire lei, una statistica o io? Ho 253 alunni, 253 famiglie cioè: un bel campione di famiglie di periferia, come ce ne sono a migliaia nella corona delle città. Forse ne so parlare meglio di lei degli effetti della crisi, sig. Ministro: niente fumo negli occhi ahimè. Perché nemmeno il contributo di 15 euro annui riescono più a pagare. Lo stato vissuto nelle classi italiane è disastroso. Io la chiamo illegalità. Io non posso adeguarmi. Non per me stessa, che alla fine noi docenti ci abituiamo a tutto, ma per loro. Non posso più tollerare che quei ragazzi siano il bersaglio vero delle nostre scelte. E’ questa l’illegalità Egregio ministro. L’’illegalità e il non rispetto della legge no. A Palermo no. Non in quel quartiere: la scuola non può tollerarlo perché è l’unico baluardo dello Stato. Porti solo la sua firma questo scempio: io non voglio rendermene complice. E non mi dica che sto facendo politica e un insegnante non può farla. Io ne ho più diritto di lei, che sia chiaro: io formo i cittadini di domani. Non lei. Lei passerà, per fortuna, ma i docenti italiani ci saranno sempre a insegnare cosa voglia dire rispettare le regole, rispettare la legge, cosa significhino parole come “comunità”, come “solidarietà”, come “eguaglianza”, come “fraternità”. Questa è politica, caro Tremonti, ed è il senso del mio mestiere. Glielo insegno di più io, non di certo tu che gli togli maestri, risorse e ruolo sociale. Da qualche mese mi rifiuto di accogliere ragazzi provenienti da classi divise oltre il numero consentito. E lo farò anche a fronte di ordini di servizio scritti. Venga qualcuno a obbligarmi. Venga pure. Io mi rifiuto. IL mio Dirigente mi dirà: dove li metto allora? Io la rivolgo a Lei questa domanda: dove li mettiamo? La rivolgo ai suoi elettori, che sono anche genitori: dove volete che li mettiamo i vostri figli? Di quei 25 miliardi alle spese militari destini nuovamente alla scuola pubblica gli 8 miliardi tolti. Oppure assegni i proventi del lotto per un anno alla messa in sicurezza degli edifici scolastici: sono questi per me i monumenti culturali dell’Italia che amo. La smetta di giocare con la vita e con l’istruzione dei nostri figli. Anzi, le dico di più, se posso: se ne vergogni.

sabato 22 maggio 2010

solo qualche ora prima

C'ero quasi...sull'auto in quella maledetta autostrada, sopra il plastico che ha sbalzato al cielo sogni e speranze per una Sicilia diversa. La tragedia sfiorata di qualche ora e la notizia sentita attraverso la radio a bassa frequenza della polizia. Un ricordo, quel 23 maggio 1992, che porterò sempre dentro me. Il mio muro di Berlino, il mio passo verso la consapevolezza in cui non si ha il tempo di voltarsi più indietro perché si è costretti a guardare avanti con occhi diversi. 18 anni di ricordi e Giovanni Falcone per sempre. Quel maledetto giorno e ogni cosa non è mai stata più come prima.

giovedì 20 maggio 2010

povero futuro

C'è una strisciante strategia italiana ed europea che si sta facendo strada in questi mesi di crisi e di inadeguatezza politica in risposta a speculatori, ladri e truffatori finanziari. La strategia è quella di reperire denaro frusciante attaccando le basi stesse dello stato sociale: scuola, sanità servizi pubblici e pensioni. Incontri comuni in cui si discute solo di questo e riunioni in cui mettere in minoranze pensieri politici divergenti. Un fronte comune ultraliberista che farebbe impallidire il binomio degli anni '80 Lady Thatcher-Mr. Reagan. Pezzo a pezzo ministri dell'economia e premier conservatori hanno lentamente, ma non troppo, iniziato a smontare le fondamenta dei servizi pubblici e delle conquiste sociali e di civiltà. Tutto come sempre nel silenzio generale. Ci vogliono far credere che non è più possibile avere diritti, che questi diritti sono solo privilegi e che persino il concetto stesso di pensione debba essere rivisto o stravolto.
La scuola è ormai un guscio vuoto pieno solo di tagli talmente profondi da ledere diritti costituzionali che nessuno mai prima d'ora aveva ipotizzato di attaccare, se si esclude la Loggia P2. In questa voluta confusione di cifre e di proclami farneticanti, chi non ha compreso la crisi o chi l'ha provocata in maniera diretta o indiretta, adesso ha dichiarato di aver trovato la soluzione, globale. Morte al Welfare e diritti garantiti solo per i pochi ricchi e potenti. Una lotta di classe alla rovescia.
Io credo che dentro questa crisi abbiano trovato l'ideologia comune per dare l'ultima spallata a quelle poche conquiste che hanno reso democratici e civili gli stati europei.
Cosa dobbiamo aspettare a riprendere la lotta per difendere libertà sociali e futuro? Aspettiamo di dover pagare scuola, ospedali, medici e ricevere una misera pensione che ci renda sempre più poveri e indifesi? Didendiamoci perché la guerra è già iniziata e noi non abbiamo neanche compreso da che parte sparare.

mercoledì 12 maggio 2010

pecunia olet

Circa tre anni fa, appena usciti dall'autostrada PA-CT si entrava in città attraversando la prima periferia di Catania: sulla sinistra un quartiere popolare, il Pigno, sulla destra un immenso agrumeto che si estendeva sino alla contrada Bicocca. Nel giro di qualche giorno, fra l'indifferenza di tutti, l'agrumeto viene abbattuto totalmente compresi alcuni cipressi centenari che delimitavano l'aria. Il polmone verde non c'era più, ma l'opera non era stata compiuta, infatti dopo qualche giorno, complice la calura, siamo in pieno luglio, iniziano piccoli incendi, spenti con notevole ritardo dai vigili del fuoco. Ma gli incendi si susseguono per qualche giorno ancora, senza che nessuna autorità intervenga in maniera risolutoria.
Trascorso agosto, le ruspe entrano nella radura oramai desertificata e l'immensa area viene ripulita e spianata.
A settembre apre il cantiere per la costruzione del più grosso centro commerciale a Catania e non solo. Che coincidenza.
Dopo un breve periodo, l'opera del cantiere si intensifica, e paradossalmente l'entrata dell'autostrada CT- PA viene chiusa. Si pensa ad una strana coincidenza, un'altra, ma per adesso fermiamoci qui.
I lavori continuano per tre anni circa, senza sosta, si lavora per ore ed ore, sembra di assistere alla costruzione di un edifico teutonico, tale è la sincronizzazione e l'organizzazione (appare evidente come l'euro del privato infonda a chi lo percepisce una velocità che l'euro pubblico si sogna).
Facciamo un passo indietro, dopo circa due anni e mezzo, lo svincolo della bicocca che lega l'asse dei servizi ad una strada provinciale che porta alla zona industriale viene chiuso, altra coincidenza (ma tre coincidenze non fanno una prova?).
E con l'ingresso della CT-PA chiuso e con quest'ultimo svincolo non percorribile, le conseguenze per il traffico sono facilmente immaginabili. Fortunatamente tale svincolo viene riaperto dopo un breve periodo e si scopre che tale chiusura è stata eseguita per ampliare l'ingresso al futuro centro commerciale, anche perché altre migliorie stradali non se ne vedono. Adesso tutto sembra essere chiaro.
Marzo 2010, lo svincolo della CT-PA viene riaperto, appena 24 ore prima dell'inaugurazione del centro commerciale. Ovviamente lo svincolo è modificato e la rotonda sostitutiva viene progettata per adeguare l'uscita con il centro commerciale e il resto dell' opera decantata come decongestionante per il traffico cittadino rimane incompiuta (sono passati 20 anni) dato che il tratto che dovrebbe portare direttamente sul viale Mario Rapisardi, via Palermo e a Librino rimane chiusa e non è stata stabilita l'apertura. Almeno fino a che non dovrà attraversare qualche altro costruendo centro commerciale.
Fatto questo piccolo riassunto, poniamo alcune domande:
1) l'Anas ha modo di spiegare e motivare le coincidenze relativa alla chiusura ed all'apertura dello svincolo autostradale con i lavori del centro commerciale?
2) dopo aver fornito spiegazioni su tali coincidenze, dato che parliamo di una struttura pubblica, ha modo di dire quanto ha versato la proprietà per adeguare le uscite dello svincolo con l'entrata del centro commerciale? O sono solo soldi pubblici per interessi solo privati?
3) ovviamente la stessa domanda la poniamo alla provincia, ente competente per l'asse dei servizi per l'adeguamento dello svincolo della Bicocca.
4) la struttura e l'area e le centinaia di luci del centro commerciale, compresa la torre di fronte all' ingresso, sono state vagliate dall'Enac o dall'Ente preposto per la sicurezza aeroportuale, dato che il confine del centro commerciale stesso è a circa un centinaio di metri in linea d'aria dalla pista di atteraggio?
5) il comune di Catania ha ceduto parte del terreno comunale adiacente al centro stesso, tale cessione, si suppone gratuita, è motivata da realizzazioni e migliorie future?
Potremmo porre altre domande sull'argomento ma crediamo che queste siano già sufficienti. Sono le risposte che pensiamo saranno latitanti, lacunose o inadeguate. Ma resteremo sull'argomento fino a quando noi e i lettori del blog non riceveranno le risposte che meritiamo come cittadini e abitanti di una città, in cui interessi e malaffare sembrano continuare indisturbati, in questa sonnolente e colpevole aria che si vuole far respirare a tutti noi.
Salvo Sottile e Mario Zito

sabato 1 maggio 2010

primo maggio

Questo sembra l'anno meno adatto per festeggiare il lavoro che non c'è e se c'è spesso viene umiliato, mutilato, sottopagato e precarizzato. Allora abbiamo deciso oggi di augurarvi buon primo maggio con una vignetta di Vauro, per un sorriso sempre più amaro, senza ulteriori commenti.

sabato 24 aprile 2010

liberazione

Questa ricorrenza spinge sempre il pensiero indietro nel tempo. Un tempo che odora di partigiani, di sogni, di speranze, di una politica che costruisce oltre le ideologie, perché il nemico, la dittatura, andava combattuta insieme per superarla. Questo 25 aprile potrebbe dare una spinta  a tutte le forze democratiche, di destra di sinistra ma soprattutto di buon senso, per un patto che cerchi di ripristinare una democrazia ferita, offesa e realmente a rischio. L'ultimo strappo, l'ultima fuga dal delirio del potere, quello di Fini, se davvero portato fino in fondo, potrebbe dare forma a questa debole opposizione e saldare idee diverse ma in difesa della libertà democratica e del futuro del nostro Paese. Un'unione a tempo per poi ripartire verso una nuova liberazione.
Ogni tanto bisognerebbe rispolverare il coraggio dei partigiani, per dare un senso a questa strana repubblica. Altrimenti, addio bella ciao.

mercoledì 21 aprile 2010

appartenenze

Nel fumoso studio di Andrea Camilleri oggi si parla del Pd un po’ in cenere. “Io non appartengo al Pd. Posso, quando sono disperato davanti alla scheda, al massimo votarlo. Come si dice a Firenze: il Pd tiene l’anima coi denti. È più di là che di qua. Dalla parte avversa invece c’è molta aggressività. Come la polizia quando si mette lo scudo antisommossa, abbassa le visiere e attacca alla cieca. Da quest’altra parte non c’è che una flebile resistenza. Chi sta appena dietro la prima linea, sembra dire: trovate un accordo, invece che farvi menare".
Accordo tra chi e chi?
L’accordo si fa in Parlamento. Lo sostiene Bersani e pure la Costituzione. Ma noi non siamo nei termini costituzionali, siamo dentro una democrazia finta. La maggioranza in Parlamento va avanti a voti di fiducia e decreti, mettendo a tacere l’opposizione.
L’opposizione parlamentare è un’utopia?
Sì. L’unica possibilità è che l’opposizione si faccia anche fuori. Esattamente come la Lega.
Politica sul territorio?
L’astrazione in politica non esiste. In politica esiste questa casa, questa via, la casa accanto e la via accanto. Una volta c’erano le sezioni con gli attivisti. Eravamo sfottuti noi del Pci che avevamo sezioni e agit-prop. Era quello che teneva in piedi il partito. Il mio amico Leonardo Sciascia disse una volta che c’erano due parrocchie: quella del Pci e quella vera. Ecco, una ha continuato a esistere. L’altra è scomparsa. A Raiperunanotte hanno parlato i centenari, Dorfles e Monicelli. E le cose più giuste, che hanno atterrito i cinquantenni, le ha dette Monicelli parlando di rivoluzione. E sconvolgendo Giovanni Floris che ha cercato subito di metterci una pezza.
Cosa vuol dire rivoluzione?
Nessuno di noi è così cretino da pensare che sia ‘bandiera rossa e scendiamo tutti in piazza’. Monicelli vuol dire che se non si hanno idee rivoluzionarie rispetto al contesto politico attuale, con questa gente non andiamo da nessuna parte. Come disse un altro regista. In politica non si può essere un uomo buono per tutte le stagioni. Ci sono stagioni buone per ogni uomo politico.
Parliamo di D’Alema?
D’Alema è come il fantasma dell’opera: non si sa mai che fa nel sottopalco. Si è detto che Bersani è una creatura di D’Alema. Magari.
E invece che cos’è?
Uno che non tiene conto delle sollecitazioni che gli arrivano. Dai 49 senatori, da Prodi. E allora? Il marxismo prendeva atto della realtà e agiva di conseguenza. Oggi nessuno è marxista perché è un marchio d’infamia e nessuno tiene conto della realtà.
Se Bersani fosse un personaggio letterario?
Sarebbe Rubè di Peppe Antonio Borgese: non sapendo che cosa fare, a un certo punto viene travolto dai cavalli della polizia tentando di mediare tra destra e sinistra. Non gli auguro certo questo destino.
Soluzioni, allora.
Ci vuole uno slancio di utopia. Finché questi - come diceva Guicciardini - restano ancorati al particulare, alle poltrone, si muore soffocati. Stanno dentro un pallone, non sono più sulla terra. Non sanno, anche se lo dicono, cosa sono i problemi reali. Ma proclamarlo non basta, perché dall’altra parte c’è un muro. Allora devi trovare i modi per vincere e poi occuparti delle cose vere.
Ecco, il lessico del Pd sembra un po’ altrove. Bersani dal Messaggero: ‘È possibile rafforzare sia gli elementi di pluralità che i presidi dell’unità’. Ma che vuol dire?
È un segno, sono bloccati nel tempo. ‘Ce l’ho duro’ è un modo di comunicare. Volgare, populista, ma se la gente vuole questo non puoi parlare con ‘i presidi dell’unità’.
Bersani ha brindato al risultato delle Regionali.
Quando ero piccolo si studiavano i detti di Fra Galdino. Me ne ricordo uno. Due contadini zappano, ad un certo punto uno si china e s’inzecca un ramo nell’occhio. E dice: meno male. E l’altro: perché meno male? Perché se il ramo era forcelluto, di occhi me ne cavava due. Per favore, lo racconti a Bersani.
Cosa pensa delle “riforme condivise”?
Vizio antico. La Bicamerale mica l’ho inventata io. Però un pregio ce l’ha avuto: ha sdoganato Fini.
È una fortuna?
Gesù mio, sì. A me non frega niente se le sue posizioni sono frutto di una tattica. Ci fa vedere una destra europea che si può rispettare. Davanti a un guastatore continuo della Costituzione come Berlusconi, chi difende i principi ha la mia solidarietà. Anche se oscilla.
A proposito di baluardi: e Napolitano?
È lui che dovrebbe reclamare più potere, non Berlusconi. Se gli capita una legge che non gli va giù gliela possono rimandare così com’è e lui la deve firmare.
Il rinvio, in alcuni casi, avrebbe potuto essere un messaggio politico.
Io avrei fatto come lui: Napolitano sa che se ora piove, tra poco grandinerà.
Hanno fatto la Padania. Cosa ne pensa un siciliano?
Sono segni di scricchiolamento della nazione Italia. La crisi ha accelerato il processo di padanizzazione. Hanno pensato: qui c’è la ricchezza, teniamocela, pensiamo ai cazzi nostri. Vedo lo spettro di un Sud sempre più povero.
Il Pd ha fatto passi falsi anche a Sud. Come la candidatura di De Luca.
Quelli del Pd sono come i lemuri che a un certo punto dell’anno s’inquadrano tutti e si buttano a mare. Ma dico: fatevi visitare. Mettetevi in analisi.
A Enna si parla di una candidatura di Crisafulli, che fu coinvolto in un’inchiesta di mafia.
Sì, lì vince. Però...
Però cosa?
Se Berlusconi lo si combatte su questo campo, a criminale criminale e mezzo, noi siamo perdenti perché non ce l’abbiamo una disponibilità umana così importante. Per uno di loro ne dovremmo trovare uno e mezzo. Ma con tutta la buona volontà noi possiamo avere cose da poco e comunque perdiamo.
Si è prospettata, con Saviano, una soluzione “esterna alla politica” per il Pd. Cosa ne pensa?
Non si può andare avanti con la politica tradizionale se dall’altra parte vince chi fa una politica non tradizionale. Allora chi ci metti davanti? Un Papa straniero? Catone il censore rispondeva sempre a tutto delenda Carthago. Se politicamente non si elimina Berlusconi, io dico sempre delenda Carthago. La soluzione giudiziaria mi fa paura come quello che gli tira la statuetta.
Quale soluzione giudiziaria? Se ci sono reati vanno perseguiti.
Così il premier diventa un martire. La magistratura oggi fa il suo mestiere. Fino a Mani pulite, era un pilastro del governo. Ora che la magistratura ha trovato una sua autonomia, l’hanno buttata in politica. Come se prima non lo fosse. Mi piace di più sapere che da qui a tre anni Berlusconi avrà perso altri milioni di voti. Perché se li perde non li perde per “colpa” della sinistra, li perde perché la gente si sta rendendo conto.
Si renderanno conto che fino ad oggi si è occupato di materie che lo interessano, come la giustizia?
Certo. Ma quando mai si è occupato del Paese? Il 99 per cento delle leggi sono pro domo sua.
La patente a punti è stata una cosa buona.
Mussolini fece la battaglia contro le mosche.
Travaglio ha scritto sul Fatto di ieri ‘La legge è uguale per gli altri’.
Perfetto. È La fattoria degli animali. Nel momento in cui uno dice ‘non mi rompete le scatole, non mi processate adesso, ne parliamo tra un anno’ cade qualunque impalcatura. Propongo di levare il cartello ‘La legge è uguale per tutti’ dai tribunali: ci facciamo ridere dietro.
Ci crede al regime?
Sono stato uno dei primi a parlare di regime, nel ‘94 con Bobbio e Sylos Labini. Fui sputtanato e sbeffeggiato da tutti. Toh, c’è aria di regime. Ma davvero?
A cosa andiamo incontro?
Al sogno di Calderoli. Nel 2013 avrete un capo del governo leghista e Berlusconi presidente della Repubblica. Io a settembre faccio 85 anni. Auguri a voi.
di Silvia Truzzi, da Il Fatto Quotidiano, 14 aprile 2010

martedì 13 aprile 2010

teatranti

La comica di Lombardo vista oggi all'Ars, mostra come si svolge in Sicilia la lotta per il potere, un tempo fra partiti di aree divergenti, oggi, con un'opposizione inesistente, all'interno della stessa coalizione di centro-destra. La gara è verso chi è peggiore dell'altro, chi è più colluso, chi ha più scheletri dentro l'armadio. Una farsa tutta siciliana, in cui non si è mai sentita una sola parola per noi cittadini che viviamo in una terra piena di domande senza risposte o con risposte sempre inadeguate. Milioni di voti andati ancora una volta perduti, verso il malaffare, l'ingordigia, l'affarismo che in questa tornata elettorale vestiva la nuova casacca dell'autonomismo. Se questi sono gli attori che vorrebbero amministrare la Sicilia in autonomia c'è da stare allegri. Immagino che passata questa tempesta troveranno la solita soluzione per meglio dividersi la prossima torta. Bene che andrà si ritornerà alle urne per ritornare a contare sempre gli stessi consensi al potere, un po' gattopardi e molto sciacalli.

martedì 6 aprile 2010

chi ride ultimo

Ricordate quando Berlusconi fece il discorso della discesa in campo nel '94, che risate ci siamo fatti. Ma chi lo voterà mai quello, dicevamo, ma come si possono fare certi discorsi? E sappiamo poi come è andata...
E Bossi, le camicie verdi e quelle invettive razziste e assurde? Giù risate e prese in giro.
Negli ultimi vent'anni gli innumerevoli capi politici della sinistra e gli intellettuali sembrano proprio non aver compreso nulla di ciò che stava accadendo al paese e agli elettori. Si è rimasti indietro, distanti e perennemente minoranza, avendo divorato esperienze e militanze storiche, di lotta e di coinvolgimento delle masse a idee e ideali. Adesso le idee e gli ideali della sinistra nessuno pare li voglia ascoltare, quanto meno non dalle voci che oggi le rappresentano.
Bisognerà un giorno smettere di ridere su ciò che non si comprende e farlo in fretta, prima che possa sembrare normale ascoltare Borghezio parlare di religione e Berlusconi di famiglia. Senza farci una sonora risata. 

giovedì 25 marzo 2010

sosteniamo Raiperunanotte

un appello

Riprendiamoci la nostra città. Con questo desiderio abbiamo iniziato il nostro percorso sul blog, cercando di denunciare e pungolare i lettori trovando percorsi per strappare strade, quartieri e vicoli all'indifferenza e all'illegalità, restituendo dignità ed etica ai suoi cittadini che non si identificano più in chi amministra dentro e fuori palazzo degli elefanti.
Un appello ai lettori, quindi, Per ripartire a rilanciare un piccolo sogno. Trovare vie in cui la protesta possa diventare proposta e aggregazione di idee per iniziare a creare un vero progetto politico, non solo elettoralistico. Aspettiamo adesioni e tante proposte, in mail o direttamente sul blog. Poi tutti insieme lanceremo questi sassolini dentro gli ingranaggi dei partiti. E aspetteremo che il vento inizi a cambiare, soffiando il più possibile nella stessa direzione.

venerdì 12 marzo 2010

fuori posto

Avrei bisogno anch' io di un “decreto interpretativo” che mi chiarisse, finalmente, perché ho sempre pagato le tasse. Perché passo con il verde e mi fermo con il rosso. Perché pago di tasca mia viaggi, case, automobili, alberghi. Perché non ho un corista vaticano di fiducia che mi fornisca il listino aggiornato delle mignotte. Perché se un tribunale mi convoca non ho legittimi impedimenti da opporre. Perché pago un garage per metterci la macchina invece di lasciarla sul marciapiede in divieto di sosta come la metà dei miei vicini di casa. Perché considero ovvio rilasciare fattura se nei negozi devo insistere per avere la ricevuta fiscale. Perché devo spiegare a chi mi chiede sbalordito “ma le serve la ricevuta?” che non è che serva a me, serve alla legge. Perché non ho mai dovuto condonare un fico secco. Perché non ho mai avuto capitali all´estero. Perché non ho un sottobanco, non ho sottofondi, non ho sottintesi, e se mi intercettano il peggio che possono dire è che sparo cazzate al telefono. Io - insieme a qualche altro milione di italiani - sono l´incarnazione di un´anomalia. Rappresento l´inspiegabile. Dunque avrei bisogno di un decreto interpretativo ad personam che chiarisse perché sono così imbecille da credere ancora nelle leggi e nello Stato.
Sentirsi così, come su un altro pianeta, come queste efficaci e chirurgiche riflessioni di Michele Serra ci fanno sentire. Cittadino ormai suddito senza diritto alla convivenza civile. Un incubo senza fine, tutto da vivere.



lunedì 8 marzo 2010

senza tempo

"Il capo del Governo si macchiò ripetutamente durante la sua carriera di delitti che, al cospetto di un popolo onesto, gli avrebbero meritato la condanna, la vergogna e la privazione di ogni autorità di governo. Perché il popolo tollerò e addirittura applaudì questi crimini? Una parte per insensibilità morale, una parte per astuzia, una parte per interesse e tornaconto personale. La maggioranza si rendeva naturalmente conto delle sue attività criminali, ma preferiva dare il suo voto al forte piuttosto che al giusto. Purtroppo il popolo italiano, se deve scegliere tra il dovere e iltornaconto, pur conoscendo quale sarebbe il suo dovere, sceglie sempre il tornaconto. Così un uomo mediocre, grossolano, di eloquenza volgare ma di facile effetto, è un perfetto esemplare dei suoi contemporanei. Presso un popolo onesto, sarebbe stato tutt'al più il leader di un partito di modesto seguito, un personaggio un po' ridicolo per le sue maniere, i suoi atteggiamenti, le sue manie di grandezza, offensivo per il buon senso della gente e causa del suo stile enfatico e impudico. In Italia è diventato il capo del governo. Ed è difficile trovare un più completo esempio italiano. Ammiratore della forza, venale, corruttibile e corrotto, cattolico senza credere in Dio, presuntuoso, vanitoso, fintamente bonario, buon padre di famiglia ma con numerose amanti, si serve di coloro che disprezza, si circonda di disonesti, di bugiardi, di inetti, di profittatori; mimo abile e tale da fare effetto su un pubblico volgare, ma, come ogni mimo, senza un proprio carattere, si immagina sempre di essere il personaggio che vuole rappresentare."

Qualunque cosa abbiate pensato, il testo è di Elsa Morante, del 1945, e si riferisce a Mussolini. Ma uomini così in Italia talvolta ritornano, talvolta non sono mai andati via. Gli italiani non riescono a produrre gli anticorpi di questo perenne fascismo.

giovedì 4 marzo 2010

democrazia all'italiana

Per misurare il livello di democrazia di un paese si deve guardare all'obiettività dei mezzi di comunicazione, in particolar modo la televisione per il grado d'influenza sociale che possiede, soprattutto per coloro i quali essa rappresenta, per minor livello di cultura o per consuetudine, l'unico mezzo di informazione a cui poter attingere notizie e crearsi idee e opinioni sui fatti quotidiani.
Quando vedo i tg italiani sento risuonare dentro me una frase di Galeano che in poche parole delinea il nostro sistema d'informazione: "L'informazione crea la realtà, e non viceversa".

domenica 28 febbraio 2010

estraniarsi

Il primo marzo 2010 gli stranieri che abitano nel nostro territorio hanno deciso di scioperare per portare una luce di libertà in tanto clima di odio, ignoranza e razzismo. Un giorno in cui far sentire davvero la loro assenza a un mondo che vorrebbe cancellarli.
Questo blog aderisce allo sciopero e di seguito vi segnala alcune iniziative importanti che si svolgeranno in Sicilia, per essere anche noi stranieri, cioè estranei a questa mancanza di civiltà nei confronti di questi uomini, donne e bambini.
Siracusa e Catania
Alle sei del mattino del 1° marzo gli aderenti ai comitati di Catania e Siracusa faranno un pellegrinaggio in pulmino nei luoghi del caporalato nella campagna attorno a Cassibile. Insieme parteciperanno anche al corteo indetto dagli studenti di Siracusa (partenza ore nove) e al pranzo in solidarietà a padre Carlo D’Antoni, ancora agli arresti domiciliari.
A Catania è previsto un presidio nella zona in cui si concentrano i venditori senegalesi (piazza Stesicoro). Alle 18 una delegazione sarà ricevuta in prefettura, la sera ci sarà una festa etnica. A Siracusa, a conclusione del corteo, ci sarà un momento di intrattenimento , con attività varie, cucina etnica e coinvolgimento degli studenti. Alle 17 ci sarà un dibattito pubblico, la sera un concerto.

Palermo
“Ventiquattr’ore con noi presenti e visibili”. Appuntamento domenica 28 febbraio alle ore 16 in piazza Castelnuovo (Politeama) per la presentazione dell’iniziativa e concerto. A partire dalle ore 21 ci si sposterà nel mercato di Ballarò per la “Notte nera”. Il 1° marzo appuntamento in piazza Bolognini, raduno e partenza del corteo.



giovedì 25 febbraio 2010

il prezzo

C'è una riflessione semplice da fare. I tagli alla scuola, con le ultime novità sulla superiore che continuano a mascherarla in riforma perché suona meglio, hanno tolto ogni dubbio: l'obiettivo è di smantellarla e di svuotarla di contenuti a vantaggio di una società liberista e capitalista che punta su una scuola povera per tutti e privata per i ricchi. Mi prometto di scrivere presto un post analitico sulla questione della scuola pubblica e anzi spero di aprire più di una discussone con i lettori del blog, vista l'importanza e l'urgenza dell'argomento. Ma adesso pongo solo una breve riflessione. Ci dicono che le inefficienze della pubblica amministrazione, della scuola e della sanità sono la palla al piede della nostra spesa e della mancanza di risorse per eventuali investimenti che diano propulsione alla crescita e allo sviluppo economico. Un mantra che ci ripetiamo in ogni dibattito politico. Poi basta guardare i dati della corte dei conti e si scopre che la vera tassa che noi italiani siamo costretti a pagare si chiama corruzione e concussione. Politici, manager e tante escort in questo infinito mare di torte da divorare, senza fretta. A tutti i livelli, corruzione, tangenti, favori e tanti soldi pubblici che volano via lungo strade di diffusa illegalità. Questi sono gli unici sprechi da tagliare. Altro che scuola. Ma questa invece è l'unica spesa in crescita senza controllo. La democrazia per vivere ha bisogno di costi, ma chi ha messo la targhetta del prezzo di questa politica? E i tetti delle fabbriche, e non solo, sono sempre più popolati di fantasmi senza lavoro.

domenica 21 febbraio 2010

mille

il blog, il nostro blog ha superato i mille contatti. Un ottimo traguardo per i mesi di attività e per la tipologia del blog. Un grazie a tutti i visitatori e per noi una spinta a proseguire e a rilanciare idee e analisi in questo periodo buio e senza vere prospettive politiche, sociali, etiche ed economiche per chi vive con noi in soffitta. Ma dalla soffitta ogni contatto è una finestra per guardare oltre. E guardare oltre è già cambiamento.

venerdì 5 febbraio 2010

tre giorni

Sono tre giorni. Tre giorni in cui le periferie si spopolano e si prendono possesso della Città. Questa anima grigia attraversa le vie del centro con vestiti a sacco e inspira le strade con l'anima di chi adesso le possiede. Se ne inizia a sentire l’eco settimane prima, ognuno ha i suoi rituali, ognuno ha le sue usanze da ripetere ogni anno, da far ripetere a tutte le generazioni. Non c’è nulla di religioso, solo fede nella festa, nei colori, nei sapori mai sensazioni fine a se stesse. Chi ha bottega chiude, chi lavora prende giorni di permesso, gli altri cioè la quasi totalità smette di arrangiarsi, per qualche giorno è possibile farlo. Si dice che in città non si commettono reati in questi tre giorni, perché sono tutti devoti della santa. Si dice soprattutto che la festa sia in mano alla mafia e nessuno vuole interrompere questo abbraccio. Si dice che vengono decise le sorti politiche della città. Si dicono tante cose e forse bisognerebbe solo starsene in disparte e guardare in silenzio un po’ questa inusuale e pacifica invasione dai quartieri. Lo faccio quando ne ho voglia, quindi mai tutti gli anni e quando mi capita incontro sempre ragazzi che conosco. Li trovo sempre diversi, come se il fiume della festa li avesse levigati rapidamente e modellati alle pietre più grandi. Adulti nei gesti e nelle parole che adulte non sono. Urla e battimano, senza un’apparente ragione. Il fumo delle bancarelle di carne di cavallo si mescola al marrone del torrone caldo. E palloncini da far volare per distrazione o per segnale. E tutti questi ragazzi pieni di niente che avranno finalmente qualcosa da raccontare, qualcosa in cui sentirsi protagonisti ed essere al centro di quel mondo. Almeno per questi tre giorni. Conosco alcuni ragazzi che provano a tenere dentro questa sensazione in un unico respiro profondo fino a soffocare, altri lasciano scorrere le emozioni dentro la traversa in cui spacciano e si tengono così compagnia, ancora per un giorno ancora.
Si dice che questi tre sono i giorni più freddi dell’anno nella città. Forse perché nessuno riscalda di sonno la notte in periferia.

lunedì 25 gennaio 2010

la buona politica

L'affermazione alle primarie di Nichi Vendola ha il sapore di una lezione di politica del consenso coi fatti in opposizione alla politica delle segreterie e degli accordi di palazzo. L'articolo che segue da una lettura approfondita di questa anomalia proficua che dovrebbe essere d'esempio a chi ritiene che la politica è solo una somma di voti e percentuali, senza idee, cuore e lontano dagli uomini. Un monito anche verso coloro che in Sicilia hanno votato con disinvoltura traghettato il voto degli elettori di sinistra, in opposizione a Lombardo, e adesso si alleano con il governatore e contro ogni logica di buona politica.

Adesso, il giorno dopo la vittoria di Nichi Vendola, sembra che tutti lo avessero previsto, tranne che Massimo D’Alema e Pierluigi Bersani. Se è vero che il segretario e la sua “balia” (Nichi dixit) hanno dimostrato di aver capito poco o nulla, non è esattamente così (anche senza contare la politica, nessun giornale, tranne il nostro aveva dato una indicazione su Vendola).

In realtà il successo del vendolismo parte da più lontano, e si spiega solo se si considerano tre fattori.
Il primo: il carisma particolarissimo e raro del governatore della Puglia (che D’Alema ribattezzava in modo sprezzante “Jacopo Ortis”, e che invece ha dimostrato di essere amato).
Secondo: l’accecamento di tutti gli oligarchi del centrosinistra (non vanno dimenticati i “dodici” partiti che si erano già iscritti a sostenere Francesco Boccia).
Terzo: le primarie hanno dimostrato ancora una volta tutto il loro potenziale “eversivo” quando si svolgono in condizioni chiare, senza risultati preconfezionati.
Sul “fattore V.” (come Vendola) abbiamo già scritto in questi giorni su il Fatto, ma occorre dire qualcosa di più. A partire dall’affermazione di Obama contro la potenza di fuoco dell’apparato della famiglia Clinton, si è simbolicamente ribaltato uno dei luoghi comuni della politica di fine novecento.

Ovvero: che le macchine organizzative cancellano sempre le individualità, che la potenza economico burocratica degli apparati sia invincibile. Obama ha dimostrato che nel tempo moderno, l’uso intelligente dei nuovi media, a partire dalla rete, permettono di ribaltare il gap tecnologico, esattamente come a fine ottocento i moderni partiti di massa mandarono in soffitta il vecchio liberalismo giolittiano.
L’esperienza della “Fabbrica di Nichi”, con i suoi giovani internauti entusiasti (e solo 30mila euro di budget per mobilitare 200mila persone!) mette un paletto anche in Italia.

Boccia aveva a disposizione tutte le armi tradizionali: i sei per tre in tutta la Puglia, il consenso di tutti i dirigenti locali, soldi e strutture di partito, un grandissimo comitato (vuoto), i suoi assistenti parlamentari (è deputato), e non è riuscito a raggiungere nemmeno il 30%.
Perché? La prima risposta è ancora quella di Obama. E’ finito il tempo dei candidati che tendono al leggendario centro, al moderatismo, ai colori pastello (e in definitiva al nulla).
Nel terzo millennio e nel tempo di internet, vincono le storie, o – come direbbe Vendola – “le narrazioni”. La storia di Vendola, figlio della Puglia, omosessuale, diverso, comunista, nato come dice lui “con le pezze al culo” e asceso alla leadership, è una storia in cui si può riconoscere anche una parte di elettorato di centrodestra, una storia che abbatte le ideologie malgrado la radicalità che esprime.

Il secondo aspetto è la coerenza: Vendola non è nato estremista per finire moderato, non ha contratto la malattia fatale di tanti post-comunisti italiani. Si candidò la prima volta con il suo orecchino, e la sua campagna choc (”Sovversivo”) ed è tornato da governatore proponendo la stessa radicalità: “Solo con(tro) tutti” (come recita un’altra geniale campagna della stessa agenzia, i creativi della Pro-forma).

Uno slogan così azzeccato che è finito su tutti i giornali e sulle bocche di tutti malgrado non ci fossero i soldi per comprare manifesti. La narrazione di un leader non tollera il lifting, ma ha bisogno vitale della coerenza.
Infine Vendola ha un naturale intuito per i simboli: i fuorisede che hanno fatto i master pagati dalla regione (”Bollenti spiriti”) che tornano con gli autobus non sono mille voti cammellati dai capibastone, ma contano molto di più perché diventano una iniezione di entusiasmo che mobilità e appassiona, un altro capitolo del romanzo. E’ per questo che le video-lettere di Vendola su Internet facevano più clamore dei comizi del segretario del Pd a favore di Boccia. Quanto a D’Alema (e al suo Bersani). Fino a ieri i giornali gli lasciavano passare frasi deliranti come: “Non ho mai perso una elezione”.

In realtà si fatica ricordare quand’è l’ultima volta che abbia vinto. Sconfitto come premier, sconfitto come bicameralista, battuto come candidato al Quirinale e alla presidenza della camera. I 200 voti pugliesi hanno dimostrato che l’unica cosa virtuale era lui, esattamente come i 500 mila del No-B-day hanno dimostrato che era virtuale il boicottaggio del Pd e reale la mobilitazione della gente.

D’Alema ha provato fino all’ultimo a far vincere Boccia confidando nel potere salvifico del suo carisma: ha portato il povero Bersani sul baratro imponendogli le sue scelte (che oggi si rivelano suicide). Siccome la rovina a cui il Pd sembra destinato se continua su questa strada non servirebbe a nessuno, sarebbe bello se questi leader potessero rinsavire.

Solo in una cosa sono coerenti: temono le primarie come la peste, perché sono il grimaldello che può scardinare le loro scelte di apparato.
Ecco perché la Puglia non è una bella storia locale o un episodio isolato, ma uno dei grandi terremoti – insieme alla manifestazione del popolo viola – che può far risorgere il centrosinistra soffocato dalla burocrazja. A patto che i suoi generali cambino. O che vengano cambiati i generali. (Luca Telese da Il Fatto quotidiano 25 gennaio 2010)

lunedì 11 gennaio 2010

dalla parte degli ultimi

Un altro sguardo su Rosarno, sulla miseria tragica di questi nuovi schiavi e sulla colpevole indifferenza di quegli uomini che hanno dimenticato parole come solidarietà e carità. Dimenticate dentro quelle chiese che hanno ormai smesso di stare dalla parte degli ultimi, sposando il potere e l'intolleranza. Per questa ragione l'articolo che troverete di seguito sembra portare dentro sé il respiro di un vangelo dimenticato ma che ha la rabbia necessaria per scuotere profondamente quell'amore verso il prossimo, archetipo di un cristianesimo disciolto da secoli di egoismi e paure di ogni diverso, per pelle, religione e orientamento sessuale.

E' domenica, giorno di festa ma anche di preghiera. E di riflessione. La città si sveglia un po' stordita, confusa e incerta. Le violenze dei giorni scorsi, la caccia all'emigrante che è proseguita ancora nella notte hanno lasciato il segno. Nella parte bassa di Rosarno, le ruspe dei vigili del fuoco sono già al lavoro. Smantellano con i loro lunghi bracci dentati le mura fatiscenti di Rognetta, il piccolo campo dove vivevano trecento immigrati africani. Nella parte alta, davanti al palazzo del Comune, spicca il Duomo. Sono le 10 e per la prima volta, dopo tante settimane, la chiesa torna a riempirsi di fedeli. I bambini, a decine, nelle prime file. Gli adulti, molti anziani, dietro. Sulla sinistra c'è ancora il presepe, la grotta, Giuseppe e Maria piegati su Gesù, il bue e l'asino. Sui nastri rossi che l'avvolgono ci sono parole che in queste ore acquistano ancora più valore. Solidarietà, tolleranza, rispetto, pace, uguaglianza. Don Pino Varrà, parroco di Rosarno, parte da lontano. Affronta la parabola del Vangelo dedicata al battesimo. La nascita, il riconoscimento ufficiale, l'eguaglianza di tutti i bambini di fronte a Dio. Parla ai più piccoli che gli siedono davanti. Parte da loro per arrivare agli altri. Che lo ascoltano, che intuiscono, che si aspettano qualcosa. Nelle ultime file sostano gli uomini del paese. Molti, in questi giorni, hanno partecipato alle violenze, hanno brandito bastoni e catene. Hanno dato man forte ai blocchi sulla statale per Gioia Tauro. Giù alla vecchia fabbrica di Rognetta e poi più in là, verso l'altro campo dei dannati, all'ex oleificio trasformato in un campo di disperati. Adesso sono qui. Cercano conforto e comprensione.
"Bisogna aiutare i fratelli che sbagliano", spiega il sacerdote. "E in questi giorni che stiamo vivendo qualcuno ha sbagliato. Ma questo non ci autorizza a colpirlo, a inseguirlo, a ucciderlo, a cacciarlo. Ci obbliga a capire, a fermarci. Per non sbagliare più. Questo dobbiamo fare se vogliamo essere dei cristiani". Il parroco lascia l'altare, scende tra la gente. Parla a braccio, stringe con le mani il microfono. "Se ho un fratello in famiglia non posso picchiarlo o cacciarlo di casa perché ha rotto un vaso. Devo andargli incontro, sostenerlo, capire cosa è accaduto". Allarga le braccia, sorride: "Vedo finalmente questa chiesa piena, sono contento che moltissimi tra voi sono tornati. Ma vedo anche che manca qualcuno". Don Pino sospira, si rivolge ai bambini. "Lo vedete anche voi. Non c'è John. Vi ricordate di lui? Veniva ogni domenica". I bambini annuiscono. I genitori, dietro, restano in silenzio. Tesi e consapevoli. "Mancano anche Christian, Luarent. E Didou, il piccolo Didou. Mancano i suoi genitori. Erano come voi, con la pelle più scura, venivano dall'Africa. Non ci sono perché li hanno cacciati". E' il culmine dell'omelia. E' il momento dell'appello. E del rimprovero: "Mi rivolgo ai più grandi, ai genitori. Perché loro hanno un ruolo importante, formativo. A voi dico: non vi fate trascinare verso ragionamenti e reazioni che non sono da cristiani. E' facile dire: abbiamo ragione noi. Quando siete nati, Dio è stato chiaro: questo è mio figlio. Lo siamo tutti. Tutti abbiamo diritto alla vita, una vita dignitosa, che non ci umili. Anche quelli di un altro colore, anche quelli che sbagliano sempre. Se vogliamo essere cristiani noi non possiamo avere sentimenti di odio e di disprezzo".
Il parroco adesso è al centro della navata. Si rivolge al suo gregge che appare ancora più smarrito. Alza la voce, come un tuono: "Possiamo anche dire che abbiamo sbagliato. Che i miei fratelli, bianchi e neri hanno sbagliato. Ma lo dobbiamo dire sempre. Non solo quando qualcuno ci sfascia la macchina. Lo dobbiamo sostenere con forza anche quando altri fanno delle cose ancora più gravi. Cose terribili. Dobbiamo avere il coraggio di gridare e denunciare". Il sacerdote indica il presepe: "Non avrebbe senso aver allestito questa opera. Non avrebbe senso festeggiare il Natale. Meglio distruggerlo e metterlo sotto i piedi. Dobbiamo celebrarlo convinti dei valori che lo rappresentano. Perché crediamo nella misericordia e nella solidarietà. Se invece non abbiamo la forza di ribellarci ai soprusi e alle ingiustizie e siamo pronti alle violenze nei confronti dei più deboli, allora non veniamo più in chiesa. Dio saprà giudicare. Saprà chi sono i suoi figli".
Il Duomo è avvolto da un silenzio pesante. Molti muovono nervosi le gambe. Don Pino è stato chiarissimo. Ha colpito nel segno. E' riuscito a scavare nell'animo della Rosarno ferita e confusa. "Non mi ero preparato alcuna omelia. Ho detto queste cose perché le sentivo. Perché mi sono state suggerite. Non da qualcuno tra voi. Ma da Dio. Potrò sembrarvi presuntuoso. Ma Dio, che ha assistito alle violenze di questi giorni, mi ha chiesto di dirle ai suoi figli. Figli come voi. Figli che hanno sbagliato e che vanno aiutati a non sbagliare più".
Repubblica.it, 11/01/10 D. Mastrogiacomo


sabato 9 gennaio 2010

sconforto

Voglio proporvi un articolo di Roberto Saviano uscito su Repubblica nel mese di maggio, che alla luce di quanto accaduto negli ultimi giorni è ancora purtroppo tremendamente attuale. Saviano ancora una volta si rivela un eccellente analista e un profondo conoscitore delle realtà meridionali. Leggetelo fino in fondo, poi ripensate ai commenti mediocri e qualunquisti che i nostri politici ci hanno propinato dalle passerelle dei tg..
Chi racconta che l'arrivo dei migranti sui barconi porta valanghe di criminali, chi racconta che incrementa violenza e degrado, sta dimenticando forse due episodi recentissimi ed estremamente significativi, che sono entrati nella storia della nostra Repubblica. Le due più importanti rivolte spontanee contro le mafie, in Italia, non sono partite da italiani ma da africani. In dieci anni è successo soltanto due volte che vi fossero, sull'onda dello sdegno e della fine della sopportazione, manifestazioni di piazza non organizzate da associazioni, sindacati, senza pullman e partiti.
Manifestazioni spontanee. E sono stati africani a farle. Chi ha urlato: "Ora basta" ai capizona, ai clan, alle famiglie sono stati africani. A Castelvolturno, il 19 settembre 2008, dopo la strage a opera della camorra in cui vengono uccisi sei immigrati africani: Kwame Yulius Francis, Samuel Kwaku e Alaj Ababa, del Togo, Cristopher Adams e Alex Geemes della Liberia e Eric Yeboah del Ghana. Joseph Ayimbora, ghanese, viene ricoverato in condizioni gravi. Le vittime sono tutte giovanissime, il più anziano tra loro ha poco più di trent'anni, sale la rabbia e scoppia una rivolta davanti al luogo del massacro. La rivolta fa arrivare telecamere da ogni parte del mondo e le immagini che vengono trasmesse sono quelle di un intero popolo che ferma tutto per chiedere attenzione e giustizia. Nei sei mesi precedenti, la camorra aveva ucciso un numero impressionante di innocenti italiani. Il 16 maggio Domenico Noviello, un uomo che dieci anni fa aveva denunciato un'estorsione ma appena persa la scorta l'hanno massacrato. Ma nulla. Nessuna protesta. Nessuna rimostranza. Nessun italiano scende in strada. I pochi indignati, e tutti confinati sul piano locale, si sentono sempre più soli e senza forze.
Ma questa solitudine finalmente si rompe quando, la mattina del 19, centinaia e centinaia di donne e uomini africani occupano le strade e gridano in faccia agli italiani la loro indignazione. Succedono incidenti. Ma la cosa straordinaria è che il giorno dopo, gli africani, si faranno carico loro stessi di riparare ai danni provocati. L'obiettivo era attirare attenzione e dire: "Non osate mai più". Contro poche persone si può ogni tipo di violenza, ma contro un intera popolazione schierata, no. E poi a Rosarno. In provincia di Reggio Calabria, uno dei tanti paesini del sud Italia a economia prevalentemente agricola che sembrano marchiati da un sottosviluppo cronico e le cui cosche, in questo caso le 'ndrine, fatturano cifre paragonabili al PIL del paese.
La cosca Pesce-Bellocco di Rosarno, come dimostra l'inchiesta del GOA della Guardia di Finanza del marzo 2004, aveva deciso di riciclare il danaro della coca nell'edilizia in Belgio, a Bruxelles, dove per la presenza delle attività del Parlamento Europeo le case stavano vertiginosamente aumentando di prezzo. La cosca riusciva a immettere circa trenta milioni di euro a settimana in acquisto di abitazioni in Belgio.
L'egemonia sul territorio è totale, ma il 12 dicembre 2008, due lavoratori ivoriani vengono feriti, uno dei due in gravissime condizioni. La sera stessa, centinaia di stranieri - anche loro, come i ragazzi feriti, impiegati e sfruttati nei campi - si radunano per protestare. I politici intervengono, fanno promesse, ma da allora poco è cambiato. Inaspettatamente, però, il 14 di dicembre, ovvero a due soli giorni dall'aggressione, il colpevole viene arrestato e il movente risulta essere violenza a scopo estorsivo nei riguardi della comunità degli africani. La popolazione in piazza a Rosarno, contro la presenza della 'ndrangheta che domina come per diritto naturale, non era mai accaduto negli anni precedenti.
Eppure, proprio in quel paese, una parte della società, storicamente, aveva sempre avuto il coraggio di resistere. Ne fu esempio Peppe Valarioti, che in piazza disse: "Non ci piegheremo", riferendosi al caso in cui avesse vinto le elezioni comunali. E quando accadde fu ucciso. Dopo di allora il silenzio è calato nelle strade calabresi. Nessuno si ribella. Solo gli africani lo fanno.
E facendolo difendono la cittadinanza per tutti i calabresi, per tutti gli italiani. Difendono il diritto di lavorare e di vivere dignitosamente e difendono il diritto della terra. L'agricoltura era una risorsa fondamentale che i meccanismi mafiosi hanno lentamente disgregato facendola diventare ambito di speculazioni criminali. Gli africani che si sono rivoltati erano tutti venuti in Italia su barconi. E si sono ribellati tutti, clandestini e regolari. Perche da tutti le organizzazioni succhiano risorse, sangue, danaro.
Sulla rivolta di Rosarno, in questi giorni, è uscito un libretto assai necessario da leggere con un titolo in cui credo molto. "Gli africani salveranno Rosarno. E, probabilmente, anche l'Italia" di Antonello Mangano, edito da Terrelibere. La popolazione africana ha immesso nel tessuto quotidiano del sud Italia degli anticorpi fondamentali per fronteggiare la mafia, anticorpi che agli italiani sembrano mancare. Anticorpi che nascono dall'elementare desiderio di vivere.
L'omertà non gli appartiene e neanche la percezione che tutto è sempre stato così e sempre lo sarà. La necessità di aprirsi nuovi spazi di vita non li costringe solo alla sopravvivenza ma anche alla difesa del diritto. E questo è l'inizio per ogni vera battaglia contro le cosche. Per il pubblico internazionale risulta davvero difficile spiegarsi questo generale senso di criminalizzazione verso i migranti. Fatto poi da un paese, l'Italia, che ha esportato mafia in ogni angolo della terra, le cui organizzazioni criminali hanno insegnato al mondo come strutturare organizzazioni militari e politiche mafiose. Che hanno fatto sviluppare il commercio della coca in Sudamerica con i loro investimenti, che hanno messo a punto, con le cinque famiglie mafiose italiane newyorkesi, una sorta di educazione mafiosa all'estero.
Oggi, come le indagini dell'FBI e della DEA dimostrano, chiunque voglia fare attività economico-criminali a New York che siano kosovari o giamaicani, georgiani o indiani devono necessariamente mediare con le famiglie italiane, che hanno perso prestigio ma non rispetto. Altro esempio eclatante è Vito Roberto Palazzolo che ha colonizzato persino il Sudafrica rendendolo per anni un posto sicuro per latitanti, come le famiglie italiane sono riuscite a trasformare paesi dell'est in loro colonie d'investimento e come dimostra l'ultimo dossier di Legambiente le mafie italiane usano le sponde africane per intombare rifiuti tossici (in una sola operazione in Costa D'Avorio, dall'Europa, furono scaricati 851 tonnellate di rifiuti tossici).
E questo paese dice che gli immigrati portano criminalità? Le mafie straniere in Italia ci sono e sono fortissime ma sono alleate di quelle italiane. Non esiste loro potere senza il consenso e la speculazione dei gruppi italiani. Basta leggere le inchieste per capire come arrivano i boss stranieri in Italia. Arrivano in aereo da Lagos o da Leopoli. Dalla Nigeria, dall'Ucraina dalla Bielorussia. Gestiscono flussi di danaro che spesso reinvestono negli sportelli Money Transfer. Le inchieste più importanti come quella denominata Linus e fatta dai pm Giovanni Conzo e Paolo Itri della Procura di Napoli sulla mafia nigeriana dimostrano che i narcos nigeriani non arrivano sui barconi ma per aereo. Persino i disperati che per pagarsi un viaggio e avere liquidità appena atterrano trasportano in pancia ovuli di coca. Anche loro non arrivano sui barconi. Mai.
Quando si generalizza, si fa il favore delle mafie. Loro vivono di questa generalizzazione. Vogliono essere gli unici partner. Se tutti gli immigrati diventano criminali, le bande criminali riusciranno a sentirsi come i loro rappresentanti e non ci sarà documento o arrivo che non sia gestito da loro. La mafia ucraina monopolizza il mercato delle badanti e degli operai edili, i nigeriani della prostituzione e della distribuzione della coca, i bulgari dell'eroina, i furti di auto di romeni e moldavi. Ma questi sono una parte minuscola delle loro comunità e sono allevate dalla criminalità italiana. Nessuna di queste organizzazioni vive senza il consenso e l'alleanza delle mafie italiane.
Nessuna di queste organizzazioni vivrebbe una sola ora senza l'alleanza con i gruppi italiani. Avere un atteggiamento di chiusura e criminalizzazione aiuta le organizzazioni mafiose perché si costringe ogni migrante a relazionarsi alle mafie se da loro soltanto dipendono i documenti, le abitazioni, persino gli annunci sui giornali e l'assistenza legale. E non si tratta di interpretare il ruolo delle "anime belle", come direbbe qualcuno, ma di analizzare come le mafie italiane sfruttino ogni debolezza delle comunità migranti. Meno queste vengono protette dallo Stato, più divengono a loro disposizione. Il paese in cui è bello riconoscersi - insegna Altiero Spinelli padre del pensiero europeo - è quello fatto di comportamenti non di monumenti. Io so che quella parte d'Italia che si è in questi anni comportata capendo e accogliendo, è quella parte che vede nei migranti nuove speranze e nuove forze per cambiare ciò che qui non siamo riusciti a mutare. L'Italia in cui è bello riconoscersi e che porta in se la memoria delle persecuzioni dei propri migranti e non permetterà che questo riaccada sulla propria terra.
Il coraggio dimenticato - Roberto Saviano, Repubblica 13 maggio 2009