mercoledì 22 luglio 2009

dito medio

"Lei non ha capito niente perché lei è un uomo medio: un uomo medio è un mostro, un pericoloso delinquente, conformista, razzista, schiavista, qualunquista. Lei non esiste... Il capitale non considera esistente la manodopera se non quando serve la produzione... e il produttore del mio film è anche il padrone del suo giornale... Addio."
Con queste parole, fatte pronunciare da Pier Paolo Pasolini al regista-Orson Welles, nella veste di attore del film mediometraggio La ricotta (1963) dopo aver letto una poesia di Pasolini ("Io sono una forza del passato...), si rivolge a un giornalista che tentava di intervistarlo, senza ovviamente comprendere né il senso delle parole del regista né dei versi della poesia.
Pasolini aveva ben compreso il pericolo dell’uomo medio, di quella medietà piatta che non vuole progredire, che rifugge la curiosità, che guarda la televisione e non sa che forma abbiano i libri. Che credono di conoscere e sprofondano nell’ignoranza. Giudicano con facilità la società senza davvero averne diritto a farne parte. Oltre 40 anni addietro Pasolini sapeva quali forme stava assumendo la società italiana che aveva dimenticato la resistenza e la dittatura per lanciarsi in quella corsa verso il denaro vuoto, in quella lotta continua all’avere, al possesso che avrebbe portato all’epica del consumismo a danno dell’etica e di una società giusta.
Sempre in questa perla di film, Welles/Pasolini a una precedente domanda del giornalista su cosa ne pensasse della società italiana, risponde: "Il popolo più analfabeta, la borghesia più ignorante d'Europa”. Forse ancora non era davvero così, ma lo spirito profetico e attento del regista italiano aveva compreso quale Italia si stava costruendo.
Vi lascio con una domanda. Chi è quell’uomo che ha costruito il suo impero economico, il suo potere politico portando avanti fino a estremizzarla la filosofia dell’uomo medio, facendo identificare la sua mancanza di alti ideali col pensiero comune dell’italiano? Se non trovate la soluzione, aprite le urne e controllate le schede.

martedì 21 luglio 2009

regno lombardo..veneto

C'è un leggero vento di scirocco che da mesi soffia insistentemente sulla nostra isola, non avvertibile con l'anemometro. È un vento che spinge il pacchetto di voti del nulla verso nuove conquiste di potere. Per adesso sono solo prove tecniche di fondazione di un nuovo regno politico e che fanno avvistare orizzonti già stancamente noti. Partito del Sud o Movimenti di presunta liberazione della Sicilia (da chi poi...?) nascondono progetti di grandeur che il nostro governatore porta avanti con spregiudicatezza preoccupante, facendo il gioco proprio dell'antimeridionalismo e della politica milanocentrica che da anni si va consolidando nelle scelte politiche nazionali.
Finora il saccheggio della Sicilia era avvenuto con le conquiste militari (dai Fenici agli spagnoli) o per gattopardismi o per accordo mafia-politica e conseguente spartizione della torta di denaro pubblico nazionale o europeo. Oggi tutto è più impalpabile, si nascondono ragioni di potere politico-economico dietro a vaneggianti idee di autonomismo e di riscatto etico del Mezzogiorno. Ma dietro la maschera zapatista del governatore c'è sempre lo stesso volto di ex Dc, di uomo di potere e per il potere. L'uomo che può spostare un numero considerevole di voti sia che si allei a destra sia che lo faccia a sinistra, proprio perché i suoi voti non hanno ideali ma solo contropartite.
Il pericolo che si avverte è quello di consegnare la Sicilia e parte del Sud, col consenso democratico dei cittadini, nelle mani delle solite clientele e a sostegno di una politica nazionale che azzoppi ancora di più l'economia meridionale. Qualche esempio concreto? La sciagurata scelta della costruzione dei rigassificatori o la disponibilità data per l'individuazione di siti per eventuali costruende centrali nucleari, fanno comprendere che la politica del governatore non è indirizzata alla salvaguardia dell'autentico patrimonio naturalistico siciliano ma si indirizza verso posizioni sposate dalla grande industria e dal capitalismo più aggressivo che però consentirà al nostro presidente di guadagnare potere politico personale a danno del siciliano che continuerà a respirare morte e a vedere scomparire natura e bellezza.
L'unico partito di cui si sente davvero bisogno è proprio quello che nessuno propone di fondare. Il partito della rivoluzione vera, del riscatto morale, delle scelte libere, europeista perché senza l'Europa la Sicilia, il Sud e l'Italia non andrebbero lontano. Altro che autonomia, federalismo.
Nei prossimi anni lentamente cominceremo a renderci conto del prezzo che andremo a pagare con la sciagurata e superficiale scelta del federalismo fiscale e di tutte queste politiche a danno reale di chi vive in città iperindebitate, senza servizi pubblici, senza infrastrutture, senza lavoro, senza prospettive e inquinate.
Scelte sbagliate e accolte entusiasticamente da Lombardo e dai suoi sostenitori. Un giorno bisognerà avere memoria, oggi bisognerebbe soltanto indignarsi e seppellire con una sonora risata chi tappezza la città con i manifesti della voglia di partito del sud. Talvolta basta solo una risata, per non piangere.

martedì 14 luglio 2009

sciopero



Questo blog aderisce alla protesta contro il decreto Alfano sulle intercettazioni, non solo per la parte riguardante le limitazioni sui reati da poter essere intercettati, ma particolarmente per la parte riguardante la sottile intimidazione contenuta nella legge col cosiddetto obbligo di rettifica entro le 48 ore. Legge che se approvata colpirebbe i giornalisti ma anche chi scrive o tiene siti internet e blogger. Il 14 si sciopera, a modo nostro. Anche questo è fare opposizione.

lunedì 13 luglio 2009

fossili

“La sicurezza del potere si fonda sull’insicurezza dei cittadini”, parole il cui senso sembra trovare maggiore attualità adesso che quando le pronunciò Leonardo Sciascia. Talvolta non ci riflettiamo abbastanza ma la mancanza di veri intellettuali impegnati, di opposizione al potere (i Moravia, i Pasolini, gli Sciascia tanto per fare qualche nome) ha creato un vuoto talmente smisurato che l’impoverimento culturale e politico è diventato insopportabile in questo paese. E senza cultura una nazione non progredisce. Oggi chi scrive sente solo il rumore degli applausi e dei facili consensi che si trasformano in successo e denaro. Niente verità sgradevoli o pensieri controcorrente. E quando vanno in televisione lo fanno per promuovere se stessi (e il loro ultimo libro) e non per scuotere la passività dilagante. Clamore intorno al nulla, potrebbe essere la vera filosofia di queste emergenti generazioni di intellettuali del disimpegno.
Qualche riga di Saviano e si respira aria diversa, coraggio, partecipazione emotiva e rappresentazione della realtà in letteratura. E sette carabinieri a guardare le sue spalle 24 ore al giorno. Che sia anche questa l’insicurezza indotta che fortifica il potere?

domenica 12 luglio 2009

addii

Oggi voglio salutare per l’ultima volta un uomo e un giornalista che è scomparso, Enrico Escher. Molti di voi l’avranno dimenticato, perché la malattia per anni lo ha prima allontanato dal lavoro e poi lo ha confinato a una posizione di retrovia. L’ho conosciuto ai miei inizi di giornalista, io ventenne lui già affermato lavorava al tg di Antenna Sicilia. Con passione si è lasciato coinvolgere in un progetto di giornale universitario, partecipando attivamente alle riunioni di redazione, nonostante i suoi impegni di lavoro e senza mai prendere un centesimo per il lavoro al nostro piccolo giornale. Anzi mettendo la sua faccia e la sua firma per lanciare questo gruppo di aspiranti giornalisti con molte idee da mettere in ordine. Avere idee e credere in valori per un giornalista dell’area di Ciancio non era certo un merito e forse questo non lo ha agevolato nella propria carriera, soprattutto dopo che scelse di candidarsi alle elezioni per la coalizione di centro-sinistra. Ma Enrico se amava un’idea la sposava e non guardava mai all’utilitarismo personalistico e agli intrecci sotterranei che in questa città si devono avere per galleggiare ma col vento in poppa.
L’ultima volta che ho sentito Enrico è stato qualche mese addietro via mail. Abbiamo parlato di informazione, di progetti futuri e di Catania. Spero che questo blog servirà a ricordarlo e io porterò sempre la sua lezione mai pronunciata apertamente. Una lezione fatta di esempio e di umiltà e di rispetto delle idee e dei fatti. Ciao Enrico.

giovedì 2 luglio 2009

battiam battiam le mani

Ci sono immagini, fotogrammi e talvolta parole che cambiano per sempre il corso della storia e la fruizione che gli eventi rappresentano. Da quella ormai inflazionata dello studente pechinese anti carro armato a piazza Tienanmen a quelle quasi dimenticate quali per esempio l'omicidio di Rabin e la spirale senza fine che ha comportato per il travagliato processo di pacificazione per israeliani e palestinesi. Momenti, a colori e in bianco e nero a ricordarci che la storia la si può cambiare in pochi attimi.
Così l'arrivo di Berlusconi dopo la tragedia di Viareggio e l'accoglienza avuta, anche se ben oscurata dall'informazione italiana, mi ha fatto sentire che qualcosa era cambiata per sempre. Non era una contestazione organizzata, né facinorosi che fischiavano o insultavano, erano solo persone adulte che appena hanno sentito un gruppo di persone “devote” applaudire al passaggio del premier, hanno solo detto: “Ma che cosa applaudite?”. Cosa c'è infatti da plaudire a un capo del governo che ha fatto di ogni tragedia nazionale una perfetta vetrina per se stesso e il suo entourage? Dalla spazzatura napoletana al terremoto abruzzese e ora alla strage di Viareggio? Attraverso questi enormi lutti nazionali trova un palcoscenico da dove poter distrarre l'opinione pubblica sugli eventi che lo riguardano ma anche sui gravi problemi economici che non riusciamo ad affrontare e superare. Tutto ruota intorno solo all'autostima e chiunque non riesce a vedere bontà e grandezza dell'uomo è un disfattista o un comunista. Che sono ormai sinonimi. A proposito di storia, basterebbe sfogliare qualsiasi testo scolastico per trovare similitudini palesi in tanto populismo politico con il ventennio, in cui coloro che si opponevano alla politica di Benito erano dei nemici della patria, anzi della Patria. All'estero le idee su Berlusconi le hanno molto più chiare che da noi. Forse perché all'estero non possiede il monopolio dell'informazione, forse perché i giornalisti all'estero svolgono il loro mestiere con grande deontologia o forse soltanto perché solo allontanandosi da un luogo la visione d'insieme è più nitida. Persino Grossman, scrittore libero e al di sopra di ogni sospetto comunista, ha definito anomala la situazione italiana, in cui l'informazione non affronta determinate vicende sul premier mentre all'estero lo si fa tranquillamente. Informazione, non gossip.
Sono quelle persone, quegli uomini e quelle donne che al passaggio dell'imperatore non hanno sentito il bisogno di applaudire ma anzi hanno chiesto a chi lo faceva il motivo, che hanno interrotto inconsapevolmente un processo storico. Quelle centinaia di persone hanno cambiato un piccolo pezzo di storia italiana. Forse ce ne accorgeremo fra qualche settimana, più probabilmente fra qualche anno. Ma quando succederà dovremmo tenere a mente quelle parole, la rabbia che contenevano e la voglia e il diritto a vivere in una nazione normale, senza nani, ballerine e faccio tutto io. Dove magari non si muore a casa propria perché esplode un vagone di GPL o non si sbriciola la propria casa dopo una scossa di terremoto perché non è costruita secondo le norme antisismiche. E dentro di noi faremo posto a questa nuova istantanea, fatta di binari, corpi carbonizzati e palazzi frantumati, da mettere insieme ai picconatori del muro di Berlino e a Eltsin che arringa la folla sul carro armato.