giovedì 2 luglio 2009

battiam battiam le mani

Ci sono immagini, fotogrammi e talvolta parole che cambiano per sempre il corso della storia e la fruizione che gli eventi rappresentano. Da quella ormai inflazionata dello studente pechinese anti carro armato a piazza Tienanmen a quelle quasi dimenticate quali per esempio l'omicidio di Rabin e la spirale senza fine che ha comportato per il travagliato processo di pacificazione per israeliani e palestinesi. Momenti, a colori e in bianco e nero a ricordarci che la storia la si può cambiare in pochi attimi.
Così l'arrivo di Berlusconi dopo la tragedia di Viareggio e l'accoglienza avuta, anche se ben oscurata dall'informazione italiana, mi ha fatto sentire che qualcosa era cambiata per sempre. Non era una contestazione organizzata, né facinorosi che fischiavano o insultavano, erano solo persone adulte che appena hanno sentito un gruppo di persone “devote” applaudire al passaggio del premier, hanno solo detto: “Ma che cosa applaudite?”. Cosa c'è infatti da plaudire a un capo del governo che ha fatto di ogni tragedia nazionale una perfetta vetrina per se stesso e il suo entourage? Dalla spazzatura napoletana al terremoto abruzzese e ora alla strage di Viareggio? Attraverso questi enormi lutti nazionali trova un palcoscenico da dove poter distrarre l'opinione pubblica sugli eventi che lo riguardano ma anche sui gravi problemi economici che non riusciamo ad affrontare e superare. Tutto ruota intorno solo all'autostima e chiunque non riesce a vedere bontà e grandezza dell'uomo è un disfattista o un comunista. Che sono ormai sinonimi. A proposito di storia, basterebbe sfogliare qualsiasi testo scolastico per trovare similitudini palesi in tanto populismo politico con il ventennio, in cui coloro che si opponevano alla politica di Benito erano dei nemici della patria, anzi della Patria. All'estero le idee su Berlusconi le hanno molto più chiare che da noi. Forse perché all'estero non possiede il monopolio dell'informazione, forse perché i giornalisti all'estero svolgono il loro mestiere con grande deontologia o forse soltanto perché solo allontanandosi da un luogo la visione d'insieme è più nitida. Persino Grossman, scrittore libero e al di sopra di ogni sospetto comunista, ha definito anomala la situazione italiana, in cui l'informazione non affronta determinate vicende sul premier mentre all'estero lo si fa tranquillamente. Informazione, non gossip.
Sono quelle persone, quegli uomini e quelle donne che al passaggio dell'imperatore non hanno sentito il bisogno di applaudire ma anzi hanno chiesto a chi lo faceva il motivo, che hanno interrotto inconsapevolmente un processo storico. Quelle centinaia di persone hanno cambiato un piccolo pezzo di storia italiana. Forse ce ne accorgeremo fra qualche settimana, più probabilmente fra qualche anno. Ma quando succederà dovremmo tenere a mente quelle parole, la rabbia che contenevano e la voglia e il diritto a vivere in una nazione normale, senza nani, ballerine e faccio tutto io. Dove magari non si muore a casa propria perché esplode un vagone di GPL o non si sbriciola la propria casa dopo una scossa di terremoto perché non è costruita secondo le norme antisismiche. E dentro di noi faremo posto a questa nuova istantanea, fatta di binari, corpi carbonizzati e palazzi frantumati, da mettere insieme ai picconatori del muro di Berlino e a Eltsin che arringa la folla sul carro armato.

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