sabato 28 maggio 2011

democrazia italiana

E se la democrazia, almeno nella versione italiana, non fosse davvero la migliore forma di governo del paese? E' un dubbio legittimo se si vede lo stato comatoso in cui è scivolata l'Italia dagli anni '80 in poi. Il potere economico-finanziario (lobbies e massoni inclusi) ha preso pieno possesso del governo del paese attraverso un controllo capillare di banche, finanziarie, media e di tutti i centri nevralgici di confronto democratico. La conseguenza di tutto ciò è la paralisi del paese, l'incapacità di dare una svolta a una nazione in perenne falso conflitto ideologico, fra teatranti e figuranti. Un paese povero di denaro, idee, legalità, sogni. Cittadini giovani senza futuro, senza ricambio generazionale. Vecchi che non saranno mai anziani e ragazzi che non diventeranno mai giovani. Il potere perpetua se stesso, dietro a sigle e slogan sempre nuovi sempre uguali.
E ogni anno, all'incirca, si va a votare. Comune, provincia, regione, politiche, europee, referendum. Una scheda, talvolta persino due, tre e la chiamiamo democrazia.
A Catania non abbiamo un ricambio generazionale politico da quando sono bambino. Persino il centro della sinistra dal 1989 ha avuto e pare abbia ancora come unico candidato sindaco quasi sempre Enzo Bianco e il posto di Berretta l'ha preso Berretta figlio. Potere che si tramanda non per capacità ma per lignaggio, un feudalesimo mai morto. Anche a destra funziona allo stesso modo, forse ancora in maniera più evidente con suoceri che delegano il potere a generi, vecchi avvocati di grido che abbandonano la Camera dei deputati riservando il loro blindatissimo seggio a rampanti figlie. Questo rigido schema non riesco proprio a chiamarlo democrazia ma si può più propriamente definire putrida oligarchia che ha dimenticato non solo la costituzione ma credo persino la rivoluzione francese. I sudditi siamo noi. Chi lavora sopravvive a stento, gli altri precari o disoccupati non scorgono prospettive. Un tempo c'erano i sindacati, oggi fanno parte anche loro del potere senza aver bisogno di passare dalla porta di servizio.
Ma cosa stiamo aspettando? La migliore gioventù di questo paese ha lottato contro il fascismo e adesso che un nuovo fascismo è stato restaurato non vedo intorno a me partigiani.
Forse la mia è nostalgia per il paese che è stato o forse è solo il sogno per il paese che vorrei lasciare a mio figlio. Oh partigiano, portami via che mi sento di morir...

venerdì 6 maggio 2011

un nobel da restituire

La vicenda dell'uccisione di Bin Laden mi ha indotto a una riflessione: può un premio nobel per la pace essere orgoglioso di un'uccisione? Può l'omicidio di un criminale essere un tassello di pace per il mondo? Già i seguaci dello sceicco minacciano vendette e ritorsioni. Che senso ha? Vi immaginate i carabinieri che fermano Riina e dopo averlo identificato lo freddano brutalmente? Nessuno avrebbe insignito di onorificenze l'ufficiale macchiatosi di un crimine così grave. Perché di crimine si deve parlare, a meno che non pensiamo che a un crimine lo stato debba rispondere da criminale, in quel caso saremmo nel far west e non in uno stato di diritto. Diritti per tutti, persino per Bin Laden. Ma gli Usa che ipocritamente si sono da sempre autocandidati a paladini della democrazia e dei diritti umani nel mondo, utilizzano metodi da dittatura verso coloro che possono essere una piccola o grande minaccia per il loro paese. Come non ricordare la Baia dei Porci, l'appoggio a Pinochet contro il socialdemocratico Allende, le guerre civili indotte dalla Cia in Africa e in America latina, fino alle torture di Guantanamo. Non si tratta di scegliere fra Stati Uniti e Al Qaeda, fra le vittime di Ground Zero e Bin Laden, si tratta semplicemente di salvare l'uomo, di mettere la legge degli uomini dinanzi alla barbarie. Nessuna rincorsa alla legge del taglione ma il giusto diritto per ogni uomo. Qualcuno al promettente presidente nero dovrebbe rinfrescarglielo. Stridono con violenza le parole immaginifiche dei comizi elettorali che hanno lasciato sperare alla nascita di nuovi Stati Uniti con gli atti concreti del presidente Obama. Sarebbe stato un grande esempio di civiltà averlo arrestato e condotto davanti a un giusto processo, uno sguardo diverso di giustizia e non di vendetta.
A Stoccolma forse saranno già pentiti o forse è solo una di quelle storie di potere che doveva andare a finire così, happy end e musica dei marines in sottofondo.